Monti prepensiona il federalismo

Fonte: Italia Oggi

I controlli preventivi di legittimità sugli atti delle regioni entrano in Costituzione. A tempo di record il governo Monti riscrive dopo 11 anni la riforma del Titolo V e mette in sicurezza il giro di vite introdotto con il decreto legge di giovedì scorso che diversamente si sarebbe esposto a più di un rilievo di incostituzionalità. Oltre che sugli atti del governo la Corte dei conti potrà così sottoporre a verifica preventiva l’operato delle regioni e le loro leggi finanziarie. Nella bozza di ddl presentata ieri in consiglio dei ministri cade anche un altro tabù della finanza pubblica italiana: anche le regioni a statuto speciale dovranno fare sacrifici. Ferma restando la loro autonomia, le cinque regioni autonome dovranno «concorrere con lo stato e con gli altri enti territoriali ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea». In pratica dovranno rispettare il patto di stabilità interno e assicurare l’equilibrio dei bilanci.
Cambia anche la ripartizione delle competenze tra stato e regioni. La confusa divisione dei ruoli disegnata dal titolo V che ha ingolfato di ricorsi la Corte costituzionale viene ridisegnata. Si attribuisce alla legislazione esclusiva dello stato l’intera materia dei rapporti internazionali e comunitari, sopprimendo l’attuale competenza concorrente. Le regioni dovranno dunque dismettere la propria costosa diplomazia cresciuta in questi undici anni con il proliferare di uffici di rappresentanza in giro per il mondo.
Tra le prerogative oggi «a cavallo» e che diventeranno totalmente statali c’è anche l’armonizzazione dei bilanci e il coordinamento della finanza pubblica. Lo stato avrà anche voce in capitolo su procedimento amministrativo, livelli minimi di semplificazione amministrativa e disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze della p.a.
Si tratta, come si legge nella bozza di ddl, di materie non espressamente previste nell’attuale art. 117 Cost. ma attribuite allo stato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Per evitare inutili contenziosi, spiega il governo, sono state inserite nella Carta.
Per blindare il riordino delle province viene attribuita allo stato la «disciplina generale» degli enti locali. La modifica dovrebbe evitare i ricorsi degli enti di area vasta contro la spending review.
Lo stato avrà anche competenza su porti e aeroporti di interesse nazionale e internazionale, grandi reti di trasporto e navigazione, ordinamento della comunicazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia. Tutte materie oggi di legislazione concorrente.
Nel lungo elenco di competenze concorrenti (in cui le regioni detteranno legge mentre lo stato dovrà disciplinare «i profili funzionali all’unità giuridica ed economica della repubblica stabilendo, se necessario, un termine non inferiore a 120 giorni per l’adeguamento alla legislazione regionale») viene annoverato il turismo (la Consulta non ha mai avuto dubbi in proposito, ma anche in questo caso il governo ha preferito non correre rischi ndr), ma anche i porti e gli aeroporti di interesse regionale.
Così come già previsto dall’attuale Titolo V, le regioni avranno potestà legislativa piena nelle materie non attribuite alla legislazione dello stato o alla competenza concorrente. Ma la legislazione regionale «residuale» dovrà esercitarsi «nel rispetto» delle leggi dello stato. Che potrà sempre disciplinare con legge in ossequio ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, «l’esercizio unitario di funzioni amministrative anche in materie diverse». È la cosiddetta «attrazione in sussidiarietà» della competenza legislativa, un’altra novità del ddl che recepisce gli orientamenti espressi dalla Consulta. Infine, si segnala la costituzionalizzazione della Conferenza stato-regioni. Elevato a rango costituzionale l’organismo è destinato a diventare una sorta di stanza di compensazione che nelle intenzioni del governo dovrebbe frenare il proliferare di ricorsi davanti alla Consulta. Non potranno essere impugnate davanti alla Corte le leggi (statali o regionali) su cui sia stata raggiunta l’intesa in Conferenza o sia stato espresso all’unanimità parere favorevole.

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