Legge di stabilità, ieri approvata in C.d.M. la manovra da 27,3 mld

La legge di stabilità per il triennio 2014-2016 è stata approvata dal Consiglio dei Ministri. Rispettata quindi la tabella di marcia suggerita dall’Europa, che auspicava l’ok entro il 15 ottobre alla manovra di bilancio statale: a pochi minuti dalla mezzanotte il Governo ha detto sì al testo da 27,3 miliardi in 3 anni, di cui 11,6 nel solo 2014, che porta in dote nuove tasse – almeno nel nome – riducendo però la pressione fiscale (> il comunicato stampa > le linee guida). 
È questa la rivendicazione del premier Enrico Letta: l’indice della tassazione sui contribuenti italiani, dopo anni di trend crescente, comincia a scendere sotto il 44% per effetto delle misure introdotte nella legge di stabilità.
È finito, dicono all’unisono il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni scesi in conferenza stampa durante una pausa dei lavori del C.d.M. per illustrare il pacchetto di misure, il tempo delle ”mannaie” e ora l’Italia può tornare a crescere: i conti pubblici sono infatti in ordine, è l’assicurazione che viene ribadita, a tal punto che il prossimo anno il deficit scenderà al 2,5% e la pressione fiscale scenderà di un punto in tre anni arrivando al 43,3%.

Oltre a non aver intaccato la sanità pubblica (cancellando nelle ultime 24 ore il taglio per 2,6 miliardi inizialmente previsti) l’altra novità è la decisione di una legge di stabilità “in due tempi”: ”Abbiamo dovuto correre – ammette il premier facendo riferimento alla crisi di governo appena alle spalle – e ci saranno aggiustamenti che per forza di cose saranno messi a punto in Parlamento”. In particolare a restare aperto è il capitolo sul lavoro: ”la ripartizione dei 5 miliardi di taglio delle tasse ai lavoratori spetterà infatti alle Camere e alle parti sociali”, spiega Letta. Il primo anno il cuneo vale 2,5 miliardi. Meno di quanto richiesto dalle parti sociali che tuonano immediatamente. Confindustria già prima del C.d.M. lamenta l’assenza di ”segnali forti” o se anche questi non saranno destinati a diventare oggetto di trattativa.

Insomma, ancora prima che il provvedimento approdi al Senato, da dove partirà l’iter, si può già immaginare che la discussione sarà complessa, anche per quanto riguarda le risorse per i comuni. Per l’allentamento del Patto di stabilità infatti arriva solo un miliardo in investimenti contro i due attesi e anche sul fronte della nuova service tax il finanziamento messo nero su bianco è solo la metà di quello previsto nelle bozze (1 miliardo anche in questo caso).

Così come non convincerà tutti la scelta di non incrementare la tassazione delle rendite finanziarie che ancora nelle ultime bozze doveva salire dal 20 al 22%.
Ed è rinvio anche per un altro capitolo, quello dell’Iva. Un tema su cui però il Governo si impegna a discutere con il Parlamento nei prossimi mesi, assicura di nuovo il premier che ricorda con orgoglio come d’altro canto il Governo si sia concentrato sul finanziamento del sociale a partire dalle cooperative e dal rifinanziamento del 5xmille. D’altro canto, osserva non senza ironia il Presidente del Consiglio: ”Molti avrebbero sperato che potessimo stampare moneta”, ma non ”ne siamo capaci né io né il ministro Saccomanni”.

La nuova service tax: si chiama Trise
Come noto, Imu e Tares hanno le settimane contate, per effetto dei provvedimenti in via di approvazione in Parlamento, in particolare il decreto di abolizione dell’Imu, al cui interno si trova l’impegno all’istituzione di una nuova service tax, che inglobi anche la tariffa sui rifiuti. Ora, finalmente, la service tax ha un nome: si chiameràTrise, o tributo sui servizi, il quale si dividerà, a sua volta, in Tasi e Tari: la prima componente è sui cosiddetti servizi indivisibili dei comuni, mentre la seconda riguarderà il volume di rifiuti prodotto.
In questo modo, il Governo ha ottenuto l’obiettivo di differenziare il contenitore del Trise, in modo da consentire ai proprietari degli immobili e agli inquilini di pagare ciascuno la propria quota in commisurazione ai servizi usufruiti.
Così, la Tari altro non sarà che una tariffa dipendente dalla superficie in passato utilizzata come indicatore della Tarsu, che poi verrà puntualmente bilanciata sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti.
La Tasi, che prenderà il posto dell’Imu e si riferirà agli stessi criteri di applicabilità e imponibilità, resterà un tributo, con aliquota dell’1 per mille che potrà essere innalzata dai singoli comuni fino al massimo del 6 per mille. Diversamente da quanto anticipato nei mesi scorsi, però, l’Imu non andrà in soffitta: la sua imponibilità resterà tale per le case di lusso e sulle seconde case. Insomma, a conti fatti l’abolizione resterebbe solo parziale, per quelle fasce già esentate dalle rate di giugno e dicembre 2013.

Le misure della legge di stabilità 2014-2016 nelle infografiche del Governo

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Fassino: “stop ai tagli, nuovo patto, service tax e rimborso Imu. Governo al banco di prova”
Stop ai tagli, Patto di stabilità, service tax, rimborso seconda rata Imu 2013: “Il recepimento delle istanze dei comuni italiani, già oggi nel corso del Consiglio dei Ministri che esaminerà la legge di stabilità, sarà il banco di prova del Governo per dare attuazione concreta alla volontà dichiarata di aprire una nuova stagione nei rapporti con i comuni”. In particolare, “se questa nuova stagione si vuole aprire per davvero, ci aspettiamo che venga introdotta una forte discontinuità rispetto ai 12 anni passati, ponendo fine ai continui e pesanti tagli ai trasferimenti”. 
Il presidente dell’Anci, Piero Fassino, ha lanciato l’appello ieri, durante una conferenza stampa al termine dell’Ufficio di presidenza dell’Anci e alla vigilia del Consiglio dei Ministri. 
Innanzitutto, ha spiegato il Presidente, “ci aspettiamo che nel 2014 venga finalmente interrotta la catena di tagli ai trasferimenti nei confronti dei comuni, lunga ormai 12 anni e che ha avuto un ultimo episodio poche settimane fa, con i 350 milioni prelevati dal fondo per i comuni virtuosi con la cosiddetta manovrina”. 
I comuni, ha spiegato Fassino, “sono giunti ormai al punto limite. Ulteriori tagli rischierebbero di compromettere definitivamente i servizi fondamentali che fino ad oggi i comuni, grazie al senso di responsabilità e ad una reale spending review operata al loro interno, sono stati in grado di garantire”. 
Sulla “prigione” del Patto di stabilità, invece, l’Anci si aspetta che “venga abolito per i comuni con meno di cinque mila abitanti, che venga ridotto di almeno un miliardo il contributo complessivo richiesto al comparto (attualmente di 4,5 miliardi, ndr) e che vengano escluse dal computo tutte le spese relative a progetti co-finanziati con l’Unione europea”. Se l’attuale norma “dal 2009 blocca ogni investimento – ha spiegato il presidente dell’Anci – liberare spazi finanziari per i comuni vorrebbe dire rimettere in moto il ciclo degli investimenti, con opere immediatamente cantierabili, e quindi far ripartire la crescita”. 
E, se nella legge di stabilità verrà definita anche la natura e il ‘peso’ della service tax, sul tema l’Anci ammonisce: “Il tributo deve essere di esclusiva competenza dei comuni – ribadisce Fassino – e soprattutto deve rappresentare un vantaggio fiscale per le famiglie rispetto alla somma di Imu e Tares. Questo – ha detto il Presidente – presuppone un contributo dello Stato centrale, che indiscrezioni attesterebbero intorno alla cifra del miliardo. Noi rispondiamo che andranno fatte le dovute simulazioni per verificare che questa somma sia sufficiente, altrimenti innalzarla. L’obiettivo unico deve essere quello di consentire ai cittadini di pagare meno rispetto a quanto avrebbero pagato con Imu e Tares vigenti”. 
Infine Fassino ha ribadito al Governo la richiesta di “certezze sull’erogazione dei mancati introiti derivanti dall’abolizione dell’Imu per il 2013, un impegno che il governo aveva preso ma sul quale non abbiamo ancora conferme”. 
Da oggi l’Anci chiederà al Governo, ai relatori della legge e ai singoli parlamentari un confronto serrato per entrare nel merito dei provvedimenti che saranno varati questa sera.

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