Decreto blocca Imu pubblicato in G.U.

Ieri il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto sull’Imu e sulla Cig, quindi c’è stata la conseguente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma nonostante non ci sia chiarezza sulla soluzione per strutturare la riforma delle tasse sulla casa, ciò che appare chiaro è che al momento non ci sono i fondi e il Governo si trova nella situazione complicata di dover affrontare la problematica legata all’aumento di un punto percentuale dell’Iva.
Dal 1° luglio, infatti, l’aliquota Iva ordinaria crescerà, come fissato dalla legge di stabilità del 2013, di un punto, dal21 al 22%; questo provvedimento però non è gradito alla maggioranza che ha iniziato a pressare l’Esecutivo per evitare che l’aumento dell’imposta sui consumi diventi effettivo. Le conseguenze di questo provvedimento, chiaramente, non sono positive dal momento che rischia di deprimere ancora di più l’economia, che quest’anno ha già fatto segnalare un calo dell’1,5%, superiore a quella preventivata dal Governo.
Sui rischi che possa comportare l’aumento dell’Iva sono tutti concordi, persino lo stesso Governo del neo premier Letta, ma il nodo da sciogliere è sempre lo stesso, nel bilancio pubblico mancano i fondi per dare il via libera a questa serie di provvedimenti che sembrano fondamentali per rilanciare l’economia del Paese. Basti pensare che per eliminare l’aumento dell’Iva sono necessari 4 miliardi l’anno dal 2013, più altri 2 per coprire il mancato gettito della seconda metà del 2013.
Visto che, settimana scorsa, non sono stati trovati i fondi necessari per eliminare l’Imu sulle prime case, o su una parte di queste, sembra impossibile che il Governo possa reperire con facilità i soldi per evitare o rimandare l’aumento dell’Iva in appena un mese e mezzo. Tanto più che sui conti pubblici 2013, che viaggiano sul filo pericoloso del tetto del 3% di deficit del Pil, pendono dei rischi, ad iniziare dall’effetto generato dal calo del Pil superiore a quanto stimato, in più bisogna considerare che questa non è la sola priorità di cui si deve occupare il Governo.
Avremo un mese complicato per trovare le risorse che consentano  di evitare l’aumento dell’Iva. Credo sia opportuno che nel momento in cui si affronta questo problema si abbia chiaro il quadro e l’insieme delle scadenze, perché la coperta è corta” ha dichiarato il sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta, del Pd. Negli stessi giorni, infatti, vanno in scadenza le detrazioni fiscali del 55% sulle ristrutturazioni edilizie, poco dopo bisognerà provvedere al rifinanziamento delle missioni di pace, poi sarà di nuovo la volta dell’Imu.
L’imposta sulla prima casa “non sarà tolta a tutti” ha affermato il Ministro degli affari regionali, Graziano Delrio, ieri sera nel programma televisivo Ballarò.“Io, ad esempio, ho un reddito che mi può consentire di pagare”. “Non sarà facile fare tutto e bisognerà scegliere” constata Baretta“Il governo deve fare un’agenda da qui a dicembre”. Senza fare troppo affidamento sui margini di manovra che Bruxelles potrebbe concedere una volta chiusa la procedura d’infrazione per il deficit eccessivo. “Non libera risorse in automatico il nodo finanziario resta” ha dichiarato laconicamente Baretta.
Al di la delle difficoltà dell’operazione, il Pdl ha subito alzato i toni sull’aumento Iva “che può e deve essere scongiurato” con un“decreto immediato” ha detto il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta. Maurizio Gasparri, invece, ha proposto addirittura di ridurre dal 21 al 20%, ma non è solo il partito di Silvio Berlusconi a mettere pressione al governo; infatti anche le categorie produttive hanno reso note le loro richieste.
Secondo la Confederazione degli agricoltori l’aumento potrebbe produrre un crollo ulteriore dei consumi alimentari di 1,5 punti mentre la Coldiretti evidenzia che nei primi mesi di quest’anno le vendite sono già scese del 3,8%. Intanto in Senato è cominciato il percorso del decreto sui debiti della pubblica amministrazione, dove potrebbe convergere anche il decreto su Imu e Cig. Venerdì il Consiglio dei ministri potrebbe dare il via libera alla discussione sui primi provvedimenti a vantaggio del lavoro.
Il Ministro Enrico Giovannini sta incontrando le parti sociali, ieri banchieri e commercialisti, oggi i sindacati, e pianifica un intervento per rendere più flessibile i contratti a termine.

Le conseguenze per gli enti locali (tratto da Italia Oggi)

Con la sospensione dell’acconto Imu disposta dal governo, a giugno i comuni subiranno una perdita pari a circa 2,4 miliardi.

Il decreto varato la scorsa settimana (che non sarà accorpato al decreto pagamenti, come anticipato su ItaliaOggi di ieri e sempre ieri confermato dal ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini) affronta il problema dal punto di vista della liquidità, consentendo di compensare il minor gettito ricorrendo all’anticipazione di tesoreria (con oneri a carico dello stato). Ma tale «partita di giro» non è affatto neutrale dal punto di vista contabile. L’Imu, infatti, va allocata in bilancio fra le entrate del titolo I (entrate tributarie), mentre l’anticipazione al titolo V, fra le accensioni di prestiti. La prima voce, a differenza della seconda, incide sia sull’equilibrio di parte corrente, che sul saldo rilevante ai fini del Patto di stabilità interno.

Per far quadrare i conti, i comuni dovranno quindi iscrivere anche le somme che i contribuenti non pagheranno in acconto.

Apparentemente, si tratta di una scelta coerente con il dettato normativo, dal momento che il relativo pagamento, al momento, è solo sospeso ed in mancanza dell’attesa riforma dell’imposizione immobiliare, dovrà essere effettuato entro il 16 settembre. Ma a ben vedere, i problemi non mancano. È corretto apporre a un bilancio costruito in questo modo quel visto di regolarità contabile che, Tuel alla mano, dovrebbe attestare la «veridicità» delle previsioni di entrata e la loro compatibilità con le previsioni di spesa? Probabilmente no.

Discorso analogo vale per il Patto. Il bilancio, come noto, deve essere corredato da un prospetto che dimostri che le previsioni di entrata e di spesa di parte corrente, sommate alle previsioni dei flussi di cassa di entrata e di spesa in conto capitale, garantiscano il rispetto dell’obiettivo assegnato all’ente. Fra le entrate correnti, come detto, rientrano le entrate tributarie, comprese quelle provenienti dall’Imu sospesa. Perché tali entrate possano essere iscritte e siano valide ai fini del Patto, occorre che si preveda la possibilità di accertarle nel corso dell’anno. Ma ciò è oggi possibile senza scommettere sulla caduta del governo e senza avere la minima idea di quali e quante saranno le entrate che eventualmente deriveranno dalle nuove imposte che dovrebbero essere istituite entro fine agosto? Anche in tal caso, la risposta pare essere negativa.

In un simile contesto e considerate le numerose altre incognite che turbano i sonni dei responsabili dei servizi finanziari (dalla mancata ripartizione dei tagli da spending review alle incertezze sul nuovo fondo di solidarietà comunale, solo per citare le principali), la soluzione più logica e probabile è l’ulteriore rinvio del termine per l’approvazione del preventivo, oggi, come noto, fissato al 30 giugno.

Tuttavia, non si tratterebbe di una soluzione gradita ai sindaci, che, infatti, stanno accelerando i tempi per arrivare quanto prima all’approvazione e superare le rigidità del regime dei dodicesimi che caratterizza l’esercizio provvisorio. Pertanto, ai ragionieri non rimane che chiudere in un cassetto il manuale di contabilità e tenere alta la guardia, per evitare di trovarsi a settembre con un bilancio (e un Patto) squilibrati.

 

IL BILANCIO DI PREVISIONE 2013

Note tecniche per la redazione 
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di Elisabetta Civetta

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