Campanello d’allarme per le pensioni future

Fonte: Il Sole 24 Ore

Mettersi insieme, per la previdenza, paga. Separarsi, al contrario, può sì rappresentare un vantaggio, anche per un lungo periodo, ma, prima o poi, non può non risultare una scelta perdente. Questo principio di buona amministrazione del sistema pensionistico è adottato, nel comparto pubblico, per le grandi categorie di lavoratori dipendenti, sia privati, sia pubblici; un po’ meno con riguardo ai lavoratori autonomi (commercianti, artigiani, coltivatori diretti), i quali sono iscritti a gestioni, facenti sempre capo all’Inps, relative alle singole categorie, e non è invece adottato nel caso della previdenza obbligatoria dei liberi professionisti, ambito nel quale ciascuna categoria (avvocati, notai, architetti, ingegneri, giornalisti) tende a conservare gelosamente la propria autonomia e a considerarsi autosufficiente. Eppure, poiché l’economia non è cristallizzata, il mettersi insieme, e sulla base di regole uniformi, rappresenta la migliore assicurazione anzitutto contro il rischio di alternanza delle diverse occupazioni/professioni nel tempo e in secondo luogo contro l’insorgere di privilegi a favore di categorie forti. Consideriamo anzitutto la dinamica, occupazionale e reddituale delle diverse occupazioni. Mentre un tempo, la stragrande maggioranza dei lavoratori era occupata in agricoltura, oggi gli addetti del settore sono meno di un milione su poco più di 23 milioni di occupati. La gestione separata dei coltivatori diretti non ha dunque molto senso visto che le pensioni sono pagate, in larga misura, dai lavoratori di altri settori. La stessa industria ha perso occupazione, mentre i servizi l’hanno vista crescere. Il sistema economico, com’è ovvio, rimescola continuamente i settori e le tipologie di lavoro e a nessuna categoria è data la possibilità di crescere sistematicamente a tassi superiori alla media. Quando il sistema pensionistico è finanziato a ripartizione, come avviene per tutta la previdenza obbligatoria del nostro paese, la pluralità di categorie all’interno di un’unica gestione serve esattamente a coprire questo rischio: quanto più numerosi sono i lavoratori, e crescenti i loro redditi, tanto maggiori saranno, a parità di aliquota, i contributi a cui attingere per pagare le pensioni. Con più categorie, quelle in crescita, per numero o per reddito pro capite, compensano quelle in declino, e il sistema non è soggetto all’instabilità dovuta agli alti e bassi che tipicamente contraddistinguono le singole occupazioni – professioni. Se poi la formula è la stessa per tutti i lavoratori, e di tipo contributivo, ognuno godrà dello stesso rendimento sui contributi, pari al tasso medio di crescita della massa retributiva, senza i privilegi e le rincorse tipiche dei sistemi frammentati in molte gestioni separate. Isolarsi vuol dire ottenere benefici del periodo di espansione del settore ? categoria – professione, ma non essere in grado, per contro, di parare i danni di un – prima o poi inevitabile – periodo di relativo declino, e trovarsi perciò nella condizione di non poter mantenere le promesse o di dover richiedere il soccorso pubblico. Le libere professioni hanno, in generale, schemi pensionistici a ripartizione, ma per l’appunto essendo ciascuna separata dalle altre manca loro la copertura per i periodi in cui gli iscritti e/o i loro redditi cresceranno meno che in passato convergendo verso la media o addirittura regredendo. Questo scenario meno positivo sembra cominciare a delinearsi per alcune professioni finora molto “rampanti”, il che getta ovviamente un’ombra sulla sostenibilità futura delle scelte pensionistiche adottate dalle casse; a maggior ragione là dove queste promesse sono legate a una formula retributiva, caratterizzata da una generosità di trattamento che i fondamentali della gestione non sono in grado di mantenere nel caso di trend in declino. Per lungo tempo, nel nostro paese, i tassi di crescita delle libere professioni sono stati superiori a quelli del Pil. Oggi le dinamiche di alcune, come testimoniano i dati del Sole 24 Ore cominciano a mostrare segni di cedimento. Molti giovani si domandano quali prospettive avranno come avvocati, giornalisti, commercialisti ecc. e sono perfettamente in grado di prevedere per sé un futuro – di lavoratori e di pensionati – molto meno brillante di quello delle generazioni precedenti, anche per effetto dell’abbattimento di alcune barriere protettive che ne hanno fin qui salvaguardato i redditi ma che non potranno non cedere il passo a una maggiore concorrenza. Que-sto scenario non si verificherà necessariamente nel breve termine, ma la sua verosimiglianza dovrebbe comunque indurre le casse a riformarsi, nel senso di adottare il metodo contributivo, aumentare le aliquote contributive e, soprattutto, muoversi verso l’unificazione.

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