L’Agenzia delle entrate ufficializza l’uscita del redditest

Ieri l’Agenzia delle entrate ha ufficializzato, con una conferenza stampa, l’uscita del redditest, il software pensato per i contribuenti per aiutarli nella definizione dei propri esborsi ed entrate. Questo strumento che, giova ricordarlo, ha una funzione puramente di compliance non ha la capacità di segnalare il contribuente che non ha una dichiarazione dei redditi al Fisco, piuttosto gli segnala su come intervenire nella gestione della propria economia per farsi così trovare pronto alla dichiarazione vera e propria, quindi semplicemente uno strumento di prevenzione fiscale.
Non è però l’unico strumento che l’Agenzia delle entrate userà per sondare le “tasche” dei cittadini, ci sono anche il redditometro, lo spesometro e l’anagrafe dei conti correnti. Vediamo le principali differenze e caratteristiche di questi strumenti.

Il redditometro si basa sulle spese effettuate dal cittadino. Questo dato verrà reperito analizzando quelle spese, quei consumi che sono già stati rilevati nella anagrafe tributaria, verranno analizzate quelle spese stimate il cui onere sarà determinato applicando un certo valore a specifiche tipologie di costi pluriennali come possono essere i mutui. In modo più residuale viene compiuta una verifica anche sulla spesa media Istat che inquadra le uscite medie di tipo corrente (alimentari, abbigliamento, calzature etc.) sostenute da ogni tipo di famiglia che vive in una certa area geografica.

Il redditest, d’altro canto, sarà finalizzato a riconoscere le spese più importanti che vengono sostenute dal reddito famigliare,  esso consente in via del tutto preventiva ed anonima di certificare, con buona approssimazione, se il reddito dichiarato è congruente con le spese sostenute. I dati come detto saranno in forma anonima quindi non lasceranno tracce sul web, il redditest, più semplicemente, è uno strumento rivolto ad incentivare la dichiarazione di un reddito adeguato almeno alle spese standard sostenibili dal contribuente.

Lo spesometro invece si muove su un criterio diverso; infatti mira a permettere all’amministrazione di incrementare il numero di informazioni per quantificare la capacità di spesa dei contribuenti. Questo strumento ha la finalità di controllare i pagamenti che eccedono un determinato limite, tutti i soggetti titolari di partita Iva sono obbligati a rendere noto via internet, all’Agenzia delle Entrate, qualsiasi incasso di importo sopra i 3.600 euro. Gli intermediari finanziari hanno tempo fino al 31 gennaio 2013 per dichiarare all’anagrafe tributaria i dati sullo shopping di lusso pagato con bancomat o carte di credito.

Infine c’è l’anagrafe dei conti correnti, una banca dati che ha il compito di facilitare l’emersione della base imponibile. Il d.l. 201/2011 ha stabilito che gli operatori finanziari mandino costantemente all’anagrafe tributaria, oltre ai conti correnti e i rapporti finanziari esistenti già censiti, ogni informazione necessaria per consentire al Fisco di effettuare i propri controlli. I dati potranno essere impiegati per la creazione di liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione.

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