Federalismo: Fini, no a piccole patrie, sì a moderna repubblica autonomie

“I sistemi, quello federale e quello semifederale, quali sistemi di governance multilivello basato sui principi di autonomia e di sussidiarietà, è oggi una scelta obbligata e irreversibile e già adottata dalla maggior parte degli Stati democratici di grandi dimensioni”.
Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini nell’intervento pronunciato il 9 ottobre scorso ad Aosta al Consiglio regionale della Valle d’Aosta.
“Non si può pensare di tornare indietro -ha avvertito Fini-, alla nascita di modelli ‘neocentralisti’, inadeguati rispetto alle complesse sfide cui sono chiamate le società moderne: nessun grande Paese democratico lo fa, neppure i Paesi che, storicamente, come la Francia, dispongono di una forte ed efficiente amministrazione centrale. In particolare l’Italia, che ha alle spalle un’esperienza del centralismo non certamente esaltante”.
“Ma se la scelta del federalismo è una scelta irrinunciabile, rimane da affrontare la questione -ha detto Fini- che si pone immediatamente dopo e che attiene alla necessità di individuare lo specifico modello di Stato federale. E, finora, dobbiamo essere onesti con noi stessi, non siamo stati in grado di farlo in modo adeguato.
Il federalismo, infatti, non può essere concepito come uno ‘slogan’, come una sorta di ‘manifesto’ privo di pesi e contrappesi. Sotto questo profilo, come molti studiosi hanno ben evidenziato, è necessario configurare, organizzare e far funzionare il nostro sistema di governance multilivello in modo che esso diventi un fattore di crescita, di sviluppo sostenibile, di coesione sociale e di competitività del Paese e non, invece, un fattore di conflittualità politica, di paralisi decisionale, di eccessiva complicazione burocratica, di inutile appesantimento dei costi da regolazione”.
“La questione è sicuramente complessa – ha sottolineato Fini -, ma è possibile individuare, a mio avviso, almeno tre aree di intervento.
Penso, in primo luogo, all’esigenza di apportare alcuni limitati, ma significativi, ritocchi al titolo V della Costituzione. Occorre farlo per distribuire meglio i poteri tra lo Stato e le Regioni, riducendo drasticamente il numero delle materie attribuite alla potestà legislativa concorrente, riassegnando alla competenza esclusiva del Parlamento la disciplina dei settori che hanno un indubbio rilievo nazionale o interregionale e, alla luce delle altre esperienze, introducendo, contemporaneamente, quella clausola di supremazia federale che rappresenta la norma di chiusura di tutti i sistemi federali”.
“Penso, in secondo luogo – ha affermato Fini -, ad alcune riforme costituzionali che del Titolo V rappresentano l’ineludibile e necessaria integrazione: in primis, in un’ottica di superamento del cosiddetto ‘bicameralismo perfetto’, l’istituzione del Senato federale, necessaria a garantire la piena partecipazione democratica delle comunità territoriali a tutte le decisioni nazionali.
Penso, infine, all’attuazione di quel federalismo fiscale, su cui mi soffermerò più a lungo in seguito, che dovrà necessariamente cambiare l’assetto della finanza pubblica così da assicurare, da una parte, una razionale ed equa ripartizione delle risorse, che sia coerente con la nuova ‘geografia’ dei compiti e delle funzioni, dei poteri conferiti ai diversi enti istituzionali, e, dall’altra, il rispetto dei rigorosi principi di responsabilità e di autonomia nell’impiego delle risorse assegnate”.

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