Condono edilizio, 27 anni di arretrato

Fonte: Il Sole 24 Ore

Non solo Napoli. Un arretrato pesante sui tre condoni edilizi dei decenni passati non c’è solo qui (si veda «Il Sole 24 Ore» di mercoledì 22 agosto), ma anche a Roma. Non è solo questione di dimensione urbana: ci sono anche capoluoghi di regione ad arretrato zero (Bologna) e centri piccolissimi, alcuni turistici, dove l’arretrato è al 90 per cento.
Spesso si è creata una situazione paradossale: molti fascicoli sono totalmente istruiti, ma restano fermi in attesa di adempimenti dei cittadini. Un po’ perché il conto finale degli oneri di sanatoria è alto, un po’ perché il Comune aveva accumulato un ritardo iniziale di anni e, quando lo ha colmato, i proprietari degli edifici non erano più interessati o si erano dimenticati della procedura in corso e non avevano più documenti.
A Roma restano 210mila pratiche, circa il 37% delle oltre 570mila presentate fra tutte e tre le sanatorie. Nel 2011 l’ufficio condono ha esaminato 6.723 pratiche, rilasciando 3.307 autorizzazioni in sanatoria. Per velocizzare, il Comune ha affidato a una sua società in house, Risorse per Roma, la gestione delle istruttorie; per contratto, dovrebbero essere esaminate 40mila pratiche l’anno, ma da gennaio ad aprile 2012 il ritmo è stato di circa 2mila al mese.
Va meglio a Bari, dove le pratiche da definire sono 7.600, circa il 22% del totale (34.560). Da inizio anno ne sono state chiuse circa 3.500 del condono ’85. Le pratiche del 1994 e del 2003 che restano sono le più difficili, con vincoli paesaggistici o ambientali. Per il ’94 circa 800 sono affidate a tecnici esterni e non sono ancora rientrate. L’amministrazione ha previsto di chiudere l’esame entro il 2013 con un progetto obiettivo affidato agli stessi dipendenti (che così possono guadagnare qualche extra, nonostante i tagli di bilancio).
Bologna, con dimensioni paragonabili a Bari, aveva più pratiche (63.806), ma le ha chiuse tutte, incassando 5.784.320 euro dalla sanatoria del 1985, 7.995.000 da quella del 1995 e 3 milioni da quella del 2003.
Le differenze dipendono non solo da efficienza degli uffici e complessità del territorio. Gioca anche la volontà degli amministratori, che talvolta preferiscono l’inerzia. Un po’ per non dover bocciare pratiche “scomode”, un po’ perché i no implicano ordini di abbattimento ma poi è difficile trovare i fondi per eseguirli. Secondo alcuni, poi, nelle località turistiche può influire il fatto che anche gli abusivi pagano le imposte locali, con le aliquote alte stabilite per le seconde case; si perde il gettito sulle sanatorie approvate, che però non rientra nel bilancio preventivo e quindi – contrariamente alle altre imposte locali – non comporta un’autorizzazione a spendere la cifra corrispondente a quella appostata in bilancio.
In una zona difficile come la Penisola Sorrentina (con vincoli paesaggistici e rischio di frane), l’arretrato arriva a superare il 90% di Meta di Sorrento e nemmeno altri centri si distinguono per efficienza: a Sorrento è al 78%, a Piano è al 69% e a Massa Lubrense al 57 per cento.
Il Salento ha un territorio meno critico, ma a Casarano è paralisi e va male anche sul mare, ad Andrano, Melendugno, Vernole e Ugento. Quest’ultimo è uno dei paesi dove l’abusivismo ha più fatto parlare, anche per interi villaggi turistici e l’omicidio di un consigliere comunale; il Comune aveva costituito un ufficio ad hoc, senza successo. Dice Daniele De Fabrizio, presidente dell’Ordine degli ingegneri di Lecce, ha seguito molte sanatorie: «I Comuni lavorano nell’urgenza e non sanno gestire le pur qualificate risorse umane. Ai privati non conviene sollecitare, se non in caso di donazione o vendita. E gli uffici non controllano». Ci sono però casi virtuosi, come a Surano: 15 anni fa una commissione di due ingegneri smaltì tutte le pratiche.

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