La creazione della holding non dribbla gli obblighi

Fonte: Il Sole 24 Ore

La costituzione di holding non consente agli enti locali di dribblare gli obblighi di liquidazione delle società partecipate e di razionalizzazione degli altri organismi (fondazioni, aziende speciali, istituzioni).

Le norme sullo scioglimento delle società (articolo 14, comma 32 del Dl 78/2010 e articolo 4 del DL 95/2012), oltre a quelle che disciplinano il riordino degli altri organismi (articolo 9 del Dl 95/2012) sono state oggetto di numerose richieste di parere ai magistrati contabili.

Per la «salvaguardia della finanza pubblica» è stata esclusa, per i Comuni fra 30mila e 50mila abitanti, la possibilità di fare ricorso a una holding per fondere in un’unica società del Comune tutte le partecipazioni esistenti.

È stato infatti evidenziato (sezione regionale di controllo Umbria, delibera 117/2013/PAR) che i profili strutturali della holding fanno emergere la sua oggettiva inidoneità a ridurre ad unità le società che funzionalmente si collegano in essa, con riferimento ad ogni settore del diritto: tributario (Cassazione, sezioni Unite, n. 472/1964), giuslavorista (Cassazione, sezione Lavoro, n. 3869/1982) e/o fallimentare (Cassazione, sezione I, n. 4550/1992). Una pronunzia che si pone in termini più critici rispetto a precedenti valutazioni (Corte dei Conti Lombardia, delibera 1/2012/PAR e Piemonte delibera n. 44/2013/PAR), che hanno focalizzato l’attenzione sulle criticità derivanti dal possibile utilizzo della holding a fini elusivi del Patto.

La linea di massima afferenza al Codice civile (seppure con qualche valutazione contraddittoria) si è avuta in numerose analisi sulla trasformazione di società in aziende speciali, nelle quali la Corte dei conti del Lazio (delibere n. 2/2013/PAR e n. 84/2013/PAR) ha ammesso questa possibilità, mentre quella del Veneto l’ha negata (delibera n. 127/2013/PAR), non individuando l’organismo tra quelli riportati nell’articolo 2500-septies del Codice civile, che disciplina la trasformazione eterogenea. Le analisi sui profili applicativi delle norme sullo scioglimento delle partecipate hanno determinato interpretazioni particolari, a fronte anche delle criticità insite nelle stesse norme.

In relazione all’articolo 4 del Dl 95/2012, dopo l’eliminazione nel comma 8 del parametro di valore riferito agli affidamenti in house di servizi strumentali (200mila euro, abrogato dall’articolo 34, comma 27 del Dl 179/2012) gli enti si sono trovati di fronte a una previsione di deroga alla disciplina dello scioglimento che si è aggiunta a quelle previste nel comma 3 (che riguarda, ad esempio, le società che gestiscono banche dati strategiche). Queste società, anche se evitano gli obblighi di dismissione, non possono però sottrarsi ai vincoli previsti dalle altre parti dell’articolo 4, che impongono limiti ai cda (comma 4), limiti al turn over e ai contratti a tempo determinato (commi 9-10) e blocco dei trattamenti economici (comma 11). A chiarirlo è stata la Corte dei conti, sezione di controllo Lombardia, nella delibera 233/2013/PAR.

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