Dalle operazioni immobiliari fondi alle città

Fonte: Il Sole 24 Ore

Una sentenza storica, che apre nuovi scenari per l’urbanistica delle città italiane. Mandando definitivamente in pensione gli espropri e aprendo, paradossalmente, la strada a una legge nazionale. La pronuncia con la quale mercoledì scorso la quarta sezione del Consiglio di Stato ha rivisto la decisione del Tar Lazio sul Piano regolatore di Roma potrebbe avere un impatto fortissimo sui principi che regolano lo sviluppo dei nostri centri. Facendo diffondere strumenti come il contributo straordinario e le cessioni compensative, utilizzati dal Prg di Roma e, fino a pochi giorni fa, sospetti di essere illegittimi, se adottati in via amministrativa. I due istituti sotto la lente dei giudici hanno un principio ispiratore unico: far monetizzare all’amministrazione le operazioni immobiliari fatte sul suo territorio. Nel caso del contributo, il Prg prevede, in alcune ipotesi, la possibilità di valorizzare un’area tramite aumenti di cubatura o cambi di destinazione d’uso. Il valore extra non va tutto ai privati: due terzi vengono incamerati dal Comune che li reinveste in opere pubbliche. La cessione compensativa, invece, è un’alternativa all’esproprio. Anziché prendersi tutto il terreno (a caro prezzo), l’amministrazione ne lascia una quota minima al privato, dandogli la facoltà di costruire. Il Tar aveva contestato la possibilità di regolare con un proprio atto due ambiti sui quali sarebbe servita una legge. Palazzo Spada ha rivisto questa impostazione, stabilendo che i due modelli sono basati sul consenso tra le parti e non violano la cosiddetta “riserva di legge”. «La sentenza conferma quello che ripetiamo da tempo – dice Federico Oliva, presidente dell’Istituto nazionale urbanistica (Inu) -. Le compensazioni sono fondate su principi che esistono già nel nostro sistema». Domenico Cecchini, presidente di Inu Lazio e assessore all’urbanistica a Roma nella giunta Rutelli, va addirittura oltre: «Questa sentenza farà giurisprudenza, perché consolida la tendenza, che sta emergendo anche in Italia, a rinnovare le città puntando sulla trasformazione di aree dismesse». Per seguire questa tendenza, però, serve denaro. «Istituti come il contributo straordinario – dice Cecchini – intercettano le risorse che la città genera». E il caso di Roma, comunque, ripropone il tema di una legge urbanistica nazionale. «La sentenza- dice ancora Oliva – risolve alcuni dubbi, diffusi fino ad oggi. Ora è più facile che questi principi vengano accolti in una norma». Resta, al di là delle questioni generali, un’importante carta da spendere per le amministrazioni. «Attualmente – spiega l’assessore all’urbanistica di Roma, Marco Corsini -l’esproprio non è una strada praticabile: va pagato secondo mercato ed è troppo oneroso ». La logica perequativa, invece, alimenta la realizzazione di spazi pubblici attraverso la valorizzazione di quello che già esiste. Generando un flusso di introiti pesantissimo. I contributi straordinari del nuovo Prg, senza considerare le varianti successive e la valorizzazione dei beni demaniali, sono stimabili per Roma in cinque miliardi. Senza neppure calcolare l’impatto delle cessioni compensative. Mentre, guardando solo al fronte romano, la sentenza rimette in moto la macchina delle centralità, i 18 nuovi centri urbani previsti dal Prg veltroniano. Lo sviluppo di tutti i progetti è legato alle compensazioni. Per i nuovi nuclei è stata, in molti casi, scelta la strada di una densificazione: ai privati spettano volumetrie pari a quelle previste dal vecchio Prg, alle quali si accompagnano superfici extra, il cui valore rientra in parte al Comune con la perequazione. Un meccanismo basato su contributi e cessioni che si era inceppato. Molti, sia tra i costruttori che nelle stanze del Comune, erano convinti che il Prg sarebbe uscito menomato dalla sentenza di secondo grado. «Di certo – dice Eugenio Batelli, presidente dei costruttori romani – in questi mesi c’è stato un rallentamento. Niente di decisivo, visto che parliamo di procedure che durano quattro o cinque anni». Adesso, dopo la pronuncia di Palazzo Spada, le centralità possono ripartire. Le prime a raggiungere il traguardo dovrebbero essere Torre Spaccata, che fa capo a Fintecna, La Storta del gruppo Prim e Romanina (Scarpellini).

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