Un patto di stabilità su misura

Fonte: Italia Oggi

Sono in dirittura di arrivo le linee guida statali in base alle quali le regioni potranno procedere alla definizione del Patto regionale “orizzontale”. I tavoli tecnici della Conferenza Unificata, infatti, hanno licenziato il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze previsto dall’art. 1, c. 141, della legge di stabilità 2011 (l. 220/10). Si tratta della disposizione che consente alle Regioni di integrare le regole e modificare gli obiettivi del Patto posti dal legislatore nazionale, adattandoli alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti, fermi restando le disposizioni statali in materia di monitoraggio e sanzioni e l’importo dell’obiettivo complessivamente determinato per gli enti locali di ciascuna regione. In sostanza, le regioni, operando come “stanze di compensazione”, potranno procedere a modificare in senso migliorativo o in senso peggiorativo gli obiettivi di Patto dei singoli comuni e province del proprio territorio, garantendo in ogni caso l’obiettivo aggregato del relativo comparto di livello regionale. Il decreto del Mef, che attende ora solo l’intesa politica in sede di Unificata, si sforza di ricondurre questo complesso meccanismo (che nel 2010 è stato applicato solo da 3 Regioni ordinarie: Piemonte, Toscana e Lazio) su binari uniformi a livello nazionale, cercando di regolare il gioco della domanda e dell’offerta. A tal fine, gli enti locali che prevedono di conseguire un differenziale, positivo o negativo, rispetto al rispettivo obiettivo di Patto dovranno comunicare alla regione gli spazi finanziari, rispettivamente, che sono disposti a cedere o di cui necessitano entro il 15 settembre. Si tratta di un termine sostanzialmente perentorio, giacchè chi non si attiva per tempo sarà escluso. Il che pare in contrasto con quanto previsto dalla disciplina di rango primario, che si limita a porre alle regioni la dead line del 31 ottobre per operare le opportune compensazioni. Queste ultime potranno essere disposte da ciascuna regione in base ai criteri stabiliti in sede di Consiglio delle autonomie locali o comunque di concerto con queste ultime. Tali criteri, precisa il Mef, dovranno privilegiare (specialmente laddove, come probabile, la domanda ecceda l’offerta) “le spese in conto capitale, la spese inderogabili e quelle che incidono positivamente sul sistema economico di riferimento e si ispirano a principi di adeguatezza finanziaria rispetto agli interventi effettuati”. In base al decreto (che anche sul punto innova rispetto al dettato legislativo), il Patto regionale potrà essere declinato anche a livello provinciale, assegnando agli enti di area vasta un ruolo di coordinamento territoriale di secondo livello. Si tratta di una previsione interessante, anche se rischia di complicare eccessivamente il funzionamento di un meccanismo, come detto, già di per sé assai complesso. La sua applicazione, infatti, presuppone una non semplice sinergia di strumenti incentivanti e sanzionatori, al fine, da un lato, di orientare gli Enti che sono in condizione di farlo ad alimentare la stanza di compensazione regionale, dall’altro di prevenire il rischio di comportamenti opportunistici, che potrebbero metterne a rischio la tenuta complessiva. Sul versante degli incentivi, il decreto lascia mano libera alle regioni, che potranno prevedere per gli enti virtuosi maggiori punteggi nei bandi per la concessione di finanziamenti specifici, ovvero altre premialità. Riguardo alle sanzioni, ferma restando l’applicazione di quelle previste dalla normativa statale nei confronti del enti che sforino il loro obiettivo specifico, originario o rimodulato (anche in caso di rispetto dell’obiettivo aggregato di comparto), le regioni potranno anche penalizzare gli enti che conseguiranno a fine esercizio un saldo superiore all’obiettivo. Si tratta di una previsione mutuata dalla normativa adottata nel 2010 dal Piemonte (e che a suo tempo era stata osteggiata dal Mef), che mira evidentemente ad favorire la cessione degli spazi finanziari disponibili. Novità interessanti, infine, anche sul versante del monitoraggio. Le regioni, oltre che prevedere strumenti autonomi, potranno anche accedere al sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato per attingere le informazioni necessarie a strutturare i propri interventi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *