Tasse retroattive per 5,5 miliardi

Fonte: Il Sole 24 Ore del lunedì

La stretta sui bonus fiscali ha fatto arrabbiare molti contribuenti e più di un parlamentare. Ma non è certo la prima operazione tributaria all’insegna della retroattività, con un cambio delle regole deciso a partita in corso. Da quando esiste lo statuto del contribuente – 1° agosto del 2000 – il legislatore ha espressamente fatto eccezione per 55 volte al principio secondo cui le norme fiscali non valgono per il passato. E se si contano anche le regole retroattive implicite e le altre violazioni allo statuto, si può stimare che il totale arrivi ad almeno 450 infrazioni.
Il galateo del fisco, insomma, spesso resta sulla carta. E l’eccezione finisce per diventare la regola, come ha rilevato la scorsa settimana il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli (si veda Il Sole 24 Ore del 17 ottobre). In effetti, alcuni passaggi della legge 212 del 2000 sembrano tratti direttamente dal libro delle buone intenzioni. Basta pensare al divieto di introdurre nuove imposte con decreto legge, sconfessato dai Governi di qualsiasi colore politico. O al principio secondo cui le leggi di argomento diverso da quello tributario non possono intervenire in materia fiscale, se non per la parte di stretta pertinenza.
Le eccezioni più pesanti, comunque, sono quelle che fanno scattare nuove o maggiori imposte con effetto retroattivo. In questi casi, infatti, i contribuenti non sono chiamati soltanto a fare i conti con regole oscure, ambigue o applicate per il passato, ma anche a mettere mano al portafoglio “da ieri”. Dalla manovra salva-Italia del dicembre 2011 al disegno della legge di stabilità per il 2013, sono state previste imposte retroattive per quasi 5,5 miliardi di euro. La fetta più grande è il rincaro dello 0,33% dell’addizionale regionale all’Irpef, che vale più di 2 miliardi ed è scattato dall’anno d’imposta 2011. Così come il bollo sui capitali scudati detenuti all’estero alla data del 6 dicembre scorso, che secondo la relazione tecnica vale quasi un miliardo e mezzo.
L’ultimo in ordine di tempo è l’intervento sulle detrazioni e le deduzioni fiscali, destinato ad applicarsi già dal 1° gennaio 2012 e inserito dal Governo nel disegno della legge di stabilità per il 2013 ora al vaglio del Parlamento. Un’operazione che non piace a deputati e senatori, ma che potrà essere annullata solo trovando da altre fonti almeno un miliardo di euro. Anche perché il premier Mario Monti si è detto sì disponibile ad accettare le correzioni di Camera e Senato, ma senza modifiche dei saldi, cioè del totale delle entrate.
Le imposte retroattive non sono certo un’invenzione dell’ultimo Governo, come dimostra – tra i tanti – l’esempio della Robin Hood Tax, introdotta nel 2008 per colpire gli extraprofitti delle imprese energetiche tradizionali e poi estesa nel 2011 anche alle fonti rinnovabili, sempre con decorrenza dall’inizio dell’anno d’imposta. D’altra parte, se si guarda ai conti pubblici, l’introduzione di un rincaro tributario ex ante comporta un doppio vantaggio: da un lato, si incassa con un anno d’anticipo (nel caso dei bonus, con Unico 2013, anziché 2014); dall’altro, si raddoppiano i benefici finanziari per il primo anno di applicazione (sempre per i bonus, l’effetto annuo per competenza è 1,1 miliardi, ma sui conti 2013 l’effetto finanziario stimato dalla relazione tecnica è positivo per poco più di 2 miliardi). E le ragioni dei contribuenti passano in secondo piano di fronte a quelle del bilancio pubblico.
Non sempre, comunque, i rincari d’imposta sono legati a un nuovo tributo o una maggiorazione d’aliquota. Tra le eccezioni più insidiose allo statuto del contribuente, infatti, ci sono quelle che cambiano la determinazione del reddito d’impresa a esercizio in corso. È accaduto negli anni scorsi con l’ammortamento dei canoni sui leasing, ad esempio, o con la tassazione degli utili delle cooperative non distribuiti ai soci.
Se si scorre la lista delle eccezioni esplicite allo statuto, si nota anche una certa evoluzione. Mentre negli ultimi tempi la quadratura dei conti pubblici ha dettato incrementi tributari piuttosto diretti, nei primi anni dopo il 2000 non era difficile imbattersi in proroghe dei termini di accertamento suggerite dall’esigenza di coordinare le regole con i condoni fiscali via via approvati.

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