Non si possono assecondare i tempi biblici della burocrazia romana, il federalismo s’ha da fare subito. Nel Veneto guidato dal leghista Luca Zaia non se lo sono fatti ripetere due volte, e per mettere le mani avanti su quello che è il vero cavallo di battaglia del Carroccio, la giunta regionale ha approvato un disegno di legge che rivolta come un calzino le politiche adottate finra. «Una riforma radicale, per un turismo sostenibile e con un taglio imprenditoriale», l’ha definita l’assessore Marino Finozzi. D’altronde, in un territorio capace di accogliere 200.000 persone in 3.250 strutture alberghiere, più altre 11.000 in 2.200 «bed and breakfast», quello turistico è un settore trainante. Senza considerare poi gli oltre 230.000 posti letto di agriturismi, campeggi, villaggi e rifugi alpini, che fanno di questa regione una delle mete più ambite del nord Italia. L’obiettivo è molto semplice: aumentare gli arrivi, sia dall’Italia che dall’estero. E per farlo Zaia e Finozzi hanno provato a dare un assaggio della tanto agognata riforma federalista. La «tassa di soggiorno» potrà infatti essere inserita dai Comuni, ma solo su indicazione della Regione che ne determinerà sia l’ammontare che la destinazione delle risorse. Toccherà poi sempre alla giunta di Zaia individuare quali sono i centri turistici che potranno tassare ogni ospite, e quali no. Dopodiché, per «anticipare il vero federalismo fiscale», i contributi regionali al turismo si trasformeranno in sgravi dei tributi da pagare per le imprese, mentre le imposte verranno finalizzate per progetti individuati e finanziati da tasse ad hoc pagate dai veneti. La Regione punta poi a diminuire la costruzione di nuove case e alberghi (ce ne sono già troppi), a classificare tutte le strutture ricettive incentivando i titolari ad avviare vere e proprie attività imprenditoriali. Il turismo, insomma, è una risorsa, un’ottima fonte di guadagno, ma gli stessi operatori lo devono capire. Questo il messaggio lanciato da Zaia, deciso a non voler più finanziare i consorzi di promozione, ma piuttosto i progetti di sviluppo delle imprese turistiche che innovano il settore. Contributi sì ma non ai soggetti già esistenti solo perché ci sono, bensì a chi sforna nuove idee e porta più gente in Veneto. D’altronde, i soldi per fare tutto ciò i veneti li vogliono tirare fuori di tasca propria, senza far passare nemmeno un euro da Roma.
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