Tagliando in vista per il federalismo fiscale. Con cinque decreti legislativi approvati, tre licenziati solo in via preliminare dal cdm, quattro ancora in lavorazione e ben 67 atti normativi secondari per dare attuazione ai provvedimenti che hanno già tagliato il traguardo, la riforma del fisco locale si prepara a tornare ai box per un pit stop complessivo. Lo chiedono a gran voce le opposizioni e ne è convinto anche il ministro della semplificazione Roberto Calderoli. La verifica sullo stato d’attuazione della legge delega (n. 42/2009) è avvenuta ieri in commissione bicamerale. Dove il ministro ha annunciato correttivi in arrivo per i due decreti su fisco comunale e regionale che costituiscono il clou dell’impalcatura federalista. In linea con le richieste del Pd e dell’Anci, Calderoli ha assicurato che anche i comuni avranno quella clausola di salvaguardia (prevista fino a questo momento solo nel dlgs sulle regioni) che a partire dal 2013 consentirà una possibile revisione dei tagli 2011 e 2012. Ma anche i governatori vedranno migliorare le norme di loro interesse e in particolare in materia di perequazione. Come richiesto dal Pd, sarà sciolta l’ambiguità sulle modalità con cui distinguere i trasferimenti e le spese storiche delle regioni fra ciò che è relativo ai servizi essenziali e alle funzioni fondamentali e ciò che non lo è. «Il decreto non è chiaro sul punto», lamenta il vicepresidente della Bicamerale Marco Causi, perché «la legge indica chiaramente che la perequazione sulla prima categoria avviene tramite il fondo perequativo a compartecipazione Iva, mentre la perequazione via addizionale Irpef vale solo per la seconda categoria». Il governo ha già accolto sul punto un’osservazione, successivamente trasformata in una proposta di modifica degli articoli 2 e 11, che è stata vagliata dai tecnici della Bicamerale, del governo e della Conferenza delle regioni. «Il ministro ci ha detto che non appena arriverà l’ok dalle regioni, si potrà dare seguito alla correzione», dice Causi a ItaliaOggi. Restano sospesi altri punti considerati irrinunciabili dal Pd su cui però il ministro ha rimandato tutto a dopo Pasqua. Tra omissioni, incoerenze dei decreti e della stessa legge delega, necessità informative e verifica sullo stato di attuazione Causi ha messo insieme almeno una quindicina di rilievi critici. Tra cui spiccano: le incertezze sul sistema di relazioni finanziarie regioni-comuni; la correlazione tra fabbisogni standard di comuni e province e Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) sia nei settori finanziati da interventi multilivello (per esempio assistenza e istruzione) sia in quelli dove prevalgono le competenze degli enti locali; la definizione dei livelli adeguati del trasporto pubblico locale; il coordinamento tra perequazione infrastrutturale (secondo molti la «grande assente» del federalismo) e fabbisogni standard e tra competenze statali e regionali nel finanziamento dei fondi perequativi di comuni e province. A questo «cahier de doléances» si aggiunge poi la richiesta di verificare lo stato d’attuazione della riforma nelle regioni a statuto speciale (argomento su cui gravano ancora molti profili di incertezza) così come l’avanzamento dei decreti su federalismo demaniale e fabbisogni standard. E visto che il dlgs sui comuni (n. 23 del 2011) è ormai in vigore e quello sulle regioni attende solo di essere firmato dal presidente della repubblica per poi approdare in Gazzetta Ufficiale, sembra sempre più probabile l’emanazione di un decreto correttivo in cui far confluire tutte le modifiche. Anche per questo Calderoli ha chiesto, e ottenuto, di allungare di sei mesi (fino al 21 novembre) la dead line per la completa attuazione della riforma.
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