Sulla Tasi più poteri ai comuni, sgravi a 150 euro

Fonte: Corriere della Sera

Una detrazione fissa sull’abitazione principale da 150 euro a famiglia, contro i 200 euro della vecchia Imu che però era più cara. E libertà di scelta ai sindaci sugli sconti per i figli, che con la vecchia tassa valevano 50 euro ciascuno. Potrebbe essere questo il risultato finale del lungo lavoro del governo sull’ultima versione della Tasi, la nuova tassa sulla casa. Nell’emendamento che sarà presentato al decreto legge sugli enti locali, all’esame del Senato, sarà inserita una griglia per fissare la «destinazione d’uso» per i soldi in più che arriveranno con l’aumento delle aliquote. Ma non è detta l’ultima parola. Perché la Tasi potrebbe cambiare ancora, visto che il partito dell’ex premier Mario Monti, Scelta civica, è contrario alle ultime novità e si dice pronto a far cadere il governo. Un ultimatum, visto che gli otto senatori del gruppo sono decisivi per la maggioranza a Palazzo Madama.

«L’emendamento sulla Tasi va ritirato – dice il segretario Stefania Giannini – e voteremo contro la fiducia su qualsiasi provvedimento che lo contenga». Il partito chiede di rivedere tutto il capitolo della tassazione sulla casa perché, come osserva il deputato Enrico Zanetti, «in otto mesi ci sono stati 40 interventi legislativi e non è possibile risolvere un problema aprendone un altro». In effetti la quadratura del cerchio ancora non c’è. Ma, per gli appassionati del genere, c’è anche un retroscena politico. Ieri circolava la voce che nell’incontro di qualche giorno fa Matteo Renzi avesse offerto a Mario Monti la poltrona di ministro dell’Economia. Ipotesi tutta da verificare non solo adesso ma anche nell’eventuale momento della verità. Resta il fatto che il «no» ad un voto di fiducia nei prossimi giorni farebbe cadere questo governo, con un ventaglio di conseguenze che va dal rimpasto al voto anticipato.

Ma cosa dice, nel dettaglio, l’emendamento che per Scelta civica potrebbe far cadere il governo? Consentirà ai sindaci di aumentare le aliquote dell’0,8 per mille: sulle prime case potrà salire dal 2,5 fino al 3,3 per mille, sulle seconde dal 10,6 all’11,4. Ma non sarà possibile portare tutte e due le aliquote al massimo nello stesso Comune. Per capire: il sindaco di Milano o di Roma potrà far salire l’aliquota di 3 punti sulla prima casa e di 5 sulle seconda, o anche viceversa. L’importante è che la somma dei due aumenti non superi quota 0,8 per mille. Tutti i soldi che arriveranno in più, fino a 2 miliardi di euro secondo la Uil, dovranno essere destinati alle detrazioni per le persone più deboli. I sindaci avranno massima libertà di manovra con l’eccezione dello sconto da 150 euro a famiglia, una soglia minima che i sindaci potranno anche alzare. E una mossa che non aumenta la pressione fiscale ma la sposta un po’ su chi ha case di maggior valore. Non solo. «Senza detrazioni – ricorda il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio – la Tasi la dovrebbero pagare anche quei 5 milioni di famiglie a basso reddito che non pagavano l’Imu». I Comuni avranno libertà di manovra pure su scadenze e numero delle rate anche se dovranno essere almeno due, con la prima probabilmente in arrivo non prima di marzo dopo la chiusura dei bilanci comunali.

Ma per i sindaci la partita resta aperta. L’associazione dei Comuni dice che con il passaggio dalla vecchia Imu alla nuova Tasi nelle loro casse mancano 1,5 miliardi di euro. E destinare alle detrazioni il gettito delle aliquote maggiorate non sposta di una virgola il problema. Come rimediare? Le ipotesi sono due: una parte dei soldi potrebbe arrivare dirottando verso i Comuni una parte del gettito Imu sui capannoni, oggi destinato allo Stato, come ricorda il deputato renziano Angelo Rughetti. Ma poi lo Stato dovrebbe trovare un’altra copertura, con i tagli della spending review tra i primi indiziati. La seconda ipotesi è cambiare il meccanismo del cosiddetto federalismo demaniale: oggi gli immobili vengono girati dallo Stato agli enti locali a titolo gratuito per poi essere valorizzati. La cessione potrebbe diventare onerosa, considerando il valore dell’immobile ceduto come una trasferimento di soldi ai Comuni. I sindaci, però, non ne vogliono nemmeno parlare.

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