Sul turn over nei piccoli enti la Corte conti prova a cambiare

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nelle delibere della Corte dei Conti è necessario valutare se le affermazioni contenute riguardano «l’oggetto principale» della questione oppure un «argomento incidentale»: nel primo caso tali affermazioni sono da considerare, nel secondo caso non hanno alcun valore.
È la conclusione, quantomeno sorprendente, a cui si giungendo la deliberazione della Corte dei Conti Lombardia n. 242/2012/PAR, diffusa nei giorni scorsi.
Quest’ultima è intervenuta nella vexata quaestio che ha, per oggetto, l’applicabilità, agli enti non soggetti al Patto di stabilità, dell’articolo 14, comma 9, del Dl 78/2010, vale a dire il limite alle assunzioni pari al 20% (oggi 40%) delle cessazioni verificatesi nell’anno precedente.
A fronte di un orientamento costante delle Sezioni Riunite della stessa Corte (deliberazioni 3 e 4 del 2011), che escludeva tale previsione, le medesime Sezioni, con la deliberazione 11/2012, hanno modificato la loro posizione arrivando ad affermare che anche gli enti non soggetti al patto di stabilità potevano assumere nel limite del 20% (oggi 40%) delle cessazioni (si veda Il Sole 24Ore del 28 maggio).
Rilevato un cambiamento radicale di rotta, che sicuramente avrebbe messo in crisi le amministrazioni interessate, un piccolo Comune interroga ancora i magistrati contabili chiedendo lumi sul da farsi. La Corte lombarda, riprendendo le motivazioni indicate nelle delibere 3 e 4 del 2011, ne condivide il contenuto e ne riafferma la validità, ribadendo che, per le amministrazioni non soggette al Patto di stabilità, l’articolo 14, comma 9 impone solo il generale vincolo che interessa l’incidenza della spesa di personale sulla spesa corrente. Sottolineano gli stessi giudici che queste pronunce sono espressione della funzione nomofilattica attribuita alle Sezioni Riunite, vale a dire quella volta a garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, che vincola le sezioni regionali.
Ma a questo punto vengono in rilievo due aspetti “anomali”. In primo luogo, non si comprende perché le delibere 3 e 4 del 2011 hanno funzione nomofilattica, mentre il parere 11/2012, espresso sempre dalle Sezioni Riunite, non debba presentare la stessa caratteristica. Di conseguenza, non risulta chiaro perché le stesse delibere 3 e 4 del 2011 vincolino le Corti regionali, mentre la 11/2012 non possegga identica forza. Infatti, la Corte dei Conti Lombardia, nel parere n. 242/2012, riconosce che, nella deliberazione n. 11/2012, «è effettivamente presente un passaggio in cui si afferma che i comuni non soggetti alle regole del patto dio stabilità possono procedere ad assunzioni di personale nel limite del 20% (oggi 40%) della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente». A questo punto, la Corte lombarda risolve la questione affermando che il problema affrontato nella delibera 11/2012 era rappresentato non tanto dalle norme sulle assunzioni a tempo indeterminato, quanto dalle disposizioni sul lavoro flessibile. E, quindi, a quell’inciso contenuto nella delibera 11 non si deve dare peso, mentre resta in piedi lo stare decisis dei pareri del 2011.
Non sembrano necessari tanti commenti alla vicenda, già eloquente di per sé. Secondo i magistrati lombardi, si tratta di un “incidente di percorso” delle Sezioni Riunite. Poiché questo incidente mette in forte dubbio la possibilità di assumere da parte degli enti non soggetti al patto di stabilità, con pesanti ripercussioni sul mantenimento dei servizi resi alla cittadinanza, è indifferibile un nuovo intervento delle Sezioni Riunite, che si esprimano risolvendo, questa volta definitivamente, la questione.

L’approfondimento
Nelle pagine di Autonomie locali del Sole 24 Ore di lunedì scorso sono state illustrate le conseguenze della delibera 11/2012 delle Sezioni riunite della Corte dei conti, secondo cui anche negli enti esclusi dal Patto si applicano i vincoli del turn over (40% delle cessazioni dell’anno precedente). Negli enti con piccole strutture, questo determina sostanzialmente un’impossibilità di coprire i vuoti in organico

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