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Fondi Ue a rischio, "macrocondizionalità" blindata: in pericolo emendamenti "aiuta-Italia"

La “macrocondizionalità” sui fondi strutturali europei, un tesoretto da 325 miliardi di euro da dividere tra i 28 Paesi dell’Unione nei sette anni tra il 2014 ed il 2020, è stata di fatto blindata dal presidente del Parlamento europeo con il sostegno di Ppe e S&D. E rischia di saltare il voto sugli emendamenti, presentati da un gruppo bipartisan di parlamentari italiani, che puntano ad ammorbidirla. Si tratta delle norme che prevedono il blocco dell’erogazione dei fondi di coesione e per lo sviluppo regionale per i Paesi che non rispettano i parametri europei su deficit e debito o che presentano squilibri macroeconomici. Una “condizionalità” voluta dai Paesi nordici nell’accordo sul bilancio pluriennale 2014-2020, e che rende vulnerabile l’Italia, cui spetta una quota di 31,8 miliardi da distribuire tra le Regioni, ma che proprio venerdì scorso ha dovuto incassare i rilievi della Commissione europea.
Il bilancio pluriennale sarà sottoposto al voto della plenaria oggi 19 novembre. A seguire saranno votati i regolamenti su praticamente tutte le politiche comunitarie. In quello sulle “disposizioni comuni” per l’erogazione dei fondi – sul quale il 7 novembre scorso è stato trovato, dopo 14 mesi di negoziati, l’accordo fra le tre istituzioni europee – è previsto il blocco del 50% dei fondi quando un Paese non corregge il proprio deficit eccessivo. Sanzione che diventa blocco del 100% dei fondi regionali se non corregge la rotta.
Contro tale impostazione cinque eurodeputati Pd (Francesca Barracciu, Salvatore Caronna, Andrea Cozzolino, Francesco De Angelis e Vincenzo Iovine), la pidiellina Erminia Mazzoni e l’Idv Giommaria Uggias hanno presentato la settimana scorsa una serie di emendamenti che ha raccolto il sostegno di molti parlamentari del sud europeo, in particolare spagnoli e portoghesi. Ma l’approvazione anche di un solo emendamento inficerebbe l’accordo con i governi e rinvierebbe il testo alla cosiddetta “seconda lettura”. In pratica, secondo i tecnici del Parlamento, tutto slitterebbe di un anno.
Per evitare questa prospettiva, il presidente Martin Schulz ha deciso che la plenaria si dovrà esprimere per prima cosa sull’accordo nel suo complesso. Solo in caso di bocciatura verrebbero messi ai voti gli emendamenti. Una impostazione contro la quale si sono espressi, in apertura di plenaria, i Verdi, la Sinistra Unita e i liberal-democratici. Ma Ppe e S&D hanno sostenuto Schulz.

(Fonte: Ansa)


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