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13 giugno 2014, via libera alla riforma della p.a.
Dalla mobilità alla licenziabilità dei dirigenti, ecco cosa cambia nella p.a. Camusso: ci voleva più coraggio. Madia a sindacati: irresponsabile non cambiare

Il Consiglio dei Ministri di venerdì 13 giugno ha dato il via libera al disegno di legge delega per la riforma della pubblica amministrazione. Lo ha annunciato il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi al termine del C.d.M. Il Consiglio dei Ministri ha anche varato con un decreto-legge le nomine dell’Autorità anticorruzione (>> leggi il comunicato stampa).

Il d.d.l. delega: dalla mobilità alla licenziabilità dei dirigenti, ecco cosa cambia nella pubblica amministrazione.

Il decreto-legge anti-corruzione

Superpoteri a Raffaelle Cantone presidente dell’Anac, nominato Commissario straordinario dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici: vigilerà sui contratti pubblici, a cominciare da quelli legati ad Expo, con la possibilità di ordinare ispezioni, ma soprattutto con il potere di proporre commissariamenti ad hoc non dell’azienda, ma di singoli appalti sospetti, redigendo una contabilità separata.
Il ruolo di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Anticorruzione, fa un salto di qualità con il decreto varato oggi dal governo sulla pubblica amministrazione: da guida di un organismo con armi spuntate assume la funzione di super-ispettore. Tutte le prerogative finora in capo all’Authority sugli appalti pubblici, che viene affidata da subito al magistrato in qualità di commissario straordinario, passeranno all’Anticorruzione nel giro di pochi mesi, e comunque entro la fine dell’anno: entro questo termine sarà pronto il piano per il trasferimento delle competente e per affinare i compiti di trasparenza e prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni su cui l’Anticorruzione si dovrà focalizzare. Per farlo, avrà un rafforzamento di uomini e strumenti.
Per ora intanto il governo ha indicato gli altri quattro commissari che affiancheranno Cantone all’Authority, passaggio necessario per renderla operativa, dal momento che è un organo collegiale. Sono due uomini e due donne: Michele Corradino, consigliere di Stato; il docente di diritto amministrativo Francesco Merloni; la costituzionalista Ida Angela Nicotra e la giurista Nicoletta Parisi. Sui nomi da scegliere ci sarebbe stata un confronto abbastanza serrato, ma in ogni caso si tratta di personalità gradite allo stesso Cantone. 
La vera arma inserita nel provvedimento varato venerdì scorso e annunciata dal premier Renzi nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei Ministri, è quella che permette i commissariamenti di singoli appalti in caso di notizia di reato o provvedimenti restrittivi. Una novità assoluta rispetto a quello che fino ad ora è stata l’Autorità. Cantone lo sa bene e da Napoli, dove ha partecipato a un convegno, ha parlato di “scelte coraggiose” e dà una valutazione positiva della norma che non si spinge fino alla revoca degli appalti, ma ne prevede il commissariamento. Cantone e la sua squadra erediteranno poi le facoltà, in particolare quelle ispettive, affidate finora all’Authority degli appalti, la vera grande sconfitta di questa partita. Evidentemente, non essere riuscita a prevenire i grandi scandali esplosi nelle ultime settimane, da Expo a Mose, ha lasciato un segno e ora quest’organismo si avvia a uscire di scena.

Camusso (Cgil): ci voleva più coraggio. Madia a sindacati: irresponsabile non cambiare

Scintille tra governo e sindacati sulla riforma della p.a. Cgil e Uil si scagliano contro una riforma “deludente”, “senza coraggio” e che “si accanisce contro i lavoratori”, ma il Ministro Marianna Madia difende la sua creatura e considera “irresponsabili” le resistenze al cambiamento. La Cisl promette invece una protesta “gandhiana” contro i provvedimenti che includono anche il dimezzamento dei permessi sindacali, “senza casino”.

La riforma della p.a segna “l’inizio di una rivoluzione”, ma senza cadere “in una logica punitiva”, ha spiegato Madia all’assemblea del Pd indicando le novità sui travet, ma si rivolge soprattutto ai sindacati, sottolineando come le loro preoccupazioni si siano concentrate sul taglio di permessi e distacchi: “Non è responsabile fare opposizione” quando si cerca di dare “risposte a domande dei cittadini”.

Insomma, di fronte agli attacchi dei sindacati il Ministro difende la riforma, sottolineando “l’organicità” del progetto, che si scaglia contro “i tre nemici” dello Stato: “opacità, lentezza e complicazione”. Soprattutto, il Ministro non fa marcia indietro sul “metodo”: è stato “bellissimo” ricevere 40mila mail all’indirizzo rivoluzione@governo.it. Si è trattato, afferma, “di una consultazione seria, l’inizio di un nuovo” sistema “per decidere in politica”.
Ora Madia confida in un “percorso parlamentare che possa non snaturare” i testi con la sua firma. Provvedimenti, continua, improntati a “equità e giustizia”, fatti “insieme a dipendenti pubblici e non contro di loro”.
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, riassume così la riforma: “Più competitivi con una p.a efficiente, meno tasse per le imprese e meno privilegi”.

Ma l’appello del Ministro cade nel vuoto. Anzi, la Cgil risponde esprimendo “delusione e sconcerto” e Susanna Camusso sottolinea che dal governo avrebbe voluto “più coraggio”. Secondo il sindacato di Corso d’Italia il provvedimento fin qui conosciuto “è pieno di norme che colpiscono il lavoro pubblico e delineano un inquietante disegno di subordinazione della dirigenza pubblica. Si pensa sempre di più ad una amministrazione pubblica asservita alla politica”.
In ogni caso la Cgil si dice pronta a dare “al Parlamento il contributo per cambiare un provvedimento che non riforma. Quel contributo che il Governo non ha ricercato e non ha voluto”.

La Uil intanto si chiede come si possa “considerare ‘riforma’ una proposta che, ancora una volta, si accanisce con i lavoratori pubblici?”.
Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, parla invece di “una protesta”, che non cederà alle provocazioni: “Ogni tanto si tira qualche calcio di mulo”, “da noi ci si aspetta casino”, ma, assicura, “non lo faremo”. E non è in programma, promette, nemmeno uno sciopero sui permessi sindacali.

All’indomani del via libera ai provvedimenti di riforma, quindi, le distanze non si accorciano. E anche le rappresentanze dei dirigenti statali, con l’Unadis, insorgono, sostenendo come le nuove misure non facciano altro che aprire le porte ad uno “spoil system becero”. Non solo il dirigente diventa licenziabile, ma non gli basterà vincere un concorso per ottenere un contratto a tempo indeterminato. Il posto fisso arriverà solo dopo tre anni in prova e un ulteriore esame finale.


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