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Camere di commercio, la riforma italiana e la cure d'austérité francese
La riforma del sistema camerale è contenuta nel decreto 90/2014 e nel d.d.l. delega. Analoga riforma è in corso in Francia

Taglio del 50% dei diritti che le imprese devono alle Camere di commercio, spalmato in tre anni (-35% nel 2015, -40% nel 2016 e -50% nel 2017), con un risparmio (per le aziende) pari a circa 400 milioni di euro. È questa una delle misure contenute nel decreto pubblica amministrazione (il decreto 90/2014), per l’articolata riforma del sistema camerale italiano, decisa nei mesi scorsi dal governo Renzi.

Oltre al decreto, ad occuparsi delle Camere è anche il d.d.l. delega p.a. – all’esame della Commissione Affari costituzionali al Senato, la seconda parte della riforma a firma della ministra Marianna Madia – che prevede più drasticamente la cancellazione totale del diritto camerale e il trasferimento del Registro delle imprese al ministero dello Sviluppo economico.

Le norme approvate (quelle del decreto p.a.) e quelle contenute nel d.d.l. delega hanno sollevato non poche perplessità. Secondo uno studio condotto da Cgia di Mestre e Unioncamere Veneto (“Il Sistema camerale in Italia: ruolo, valore ed identità”) emerge che l’incidenza del sistema camerale sulla spesa pubblica nazionale rappresenta lo 0,2%, pari a 1,8 dei 715 miliardi di spesa pubblica primaria. La parte del leone la fanno gli Enti previdenziali col 43,7% (le Province incidevano l’1,4%, le Regioni il 4,5%, le amministrazioni centrali il 24,1%).

Quindi, secondo lo studio, la riduzione del 50% del diritto annuale a partire dal prossimo anno comporterebbe un risparmio medio annuo di circa 63 euro a impresa (5,2 euro al mese), mentre per le ditte individuali uno sgravio di 2,6 euro al mese. L’altra faccia della medaglia è rappresentata però da un calo delle risorse di oltre 400 milioni di euro all’interno dell’economia dei territori in una serie di ambiti come export, credito, turismo, innovazione, formazione. E ancora: secondo Unioncamere a rischio ci sono 2.500 posti di lavoro, con un aggravio sulle casse dello Stato di 167 milioni di euro.

La riduzione – ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, in audizione al Senato, “mette a rischio gli investimenti che le Camere di riversano per la promozione e sviluppo di imprese e territori e che stimiamo produrrà effetti recessivi sulle economie locali per 2,5 milioni di euro a partire dal 2017 – pari ad una perdita di due decimi di punto percentuale di valore aggiunto”?.

La riforma del sistema camerale in Francia

Guardando al panorama europeo, l’Italia non è la sola a voler rivedere l’intero sistema camerale (e il suo finanziamento). Anche in Francia, infatti, è in corso una “cure d’austérité” (una ‘cura di austerità’, così titola in un suo articolo il quotidiano francese Le Monde) che porterà un taglio dei diritti camerali e un prelievo di 500 milioni di euro nel 2015 a valere sul “fonds de roulement” (il Fondo con il quale lo Stato francese finanzia le Camere).

Per quanto riguarda il taglio delle entrate fiscali sta “emergendo l’ipotesi – scrive Bertrand Bissuel – di una diminuzione del 37%, nel triennio 2014-2017, del gettito della tassa” chiesta alle aziende dalle Camere per coprire le spese di gestione (la Tfc, Taxe pour frais de chambre). Questi tagli fanno parte della riforma più generale, iniziata durante la presidenza di Nicolas Sarkozy, per ridurre la spesa pubblica. Il governo attuale – scrive Le Monde – “punta a ridurre il debito pubblico di 50 miliardi (2015-2017)”.

Le Camere di commercio – si legge ancora nell’articolo – accusano il governo di “asphyxier” (asfissia) e per questo i rappresentanti delle Camere “si sono riuniti a Parigi per un’assemblea generale straordinaria” a cui ha partecipato anche il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, che ha ricevuto “un accueil plutôt frisquet, pour ne pas dire glacial” (‘un’accoglienza fredda, per non dire glaciale’).

L’obiettivo è quello, da una parte, di un risparmio per le casse dello Stato di circa 500milioni di euro e, dall’altra, di far risparmiare le imprese tagliando i diritti camerali. “Questa nuova sforbiciata – si legge in un altro articolo pubblicato da Le Monde – si aggiunge a quella già avvenuta nel 2014, di 170 milioni di euro prelevati dalle casse delle Camere”. Inoltre, con la riduzione della “tassa che le agenzie consolari impongono alle imprese” il sistema camerale vedrà passare le proprie entrate “da 1,2 miliardi di euro l’anno a poco meno di 800 milioni”.

Come funziona il sistema camerale francese

La struttura delle Camere di commercio francesi si sviluppa in modo verticistico. Le competenze, infatti, sono distribuite su diversi livelli territoriali: in particolare, a livello nazionale la Camera di commercio francese (CCI France) garantisce la prestazione di servizi su tutto il territorio nazionale, la realizzazione di progetti comuni ed il coordinamento delle attività a livello internazionale.

Le Camere regionali (CCIR) hanno il compito di sostenere finanziariamente le Camere locali (CCIT), che forniscono servizi alle imprese e coordinano lo sviluppo del territorio di competenza. Sempre le Camere regionali si occupano di elaborare la strategia regionale della rete e di definire le strategie delle Camere locali, le quali, pur continuando ad assicurare il collegamento diretto con le imprese, hanno perso negli anni competenze, autonomia finanziaria e indipendenza strategica.

Ogni Camera di commercio svolge funzioni d’interesse generale conferite da leggi e regolamenti; di sostegno, accompagnamento, collegamento e consulenza alle imprese; di supporto e consulenza per lo sviluppo internazionale delle imprese e dell’esportazione dei loro prodotti; in materia di formazione professionale iniziale o continua; di creazione e gestione di infrastrutture, soprattutto portuali ed aeroportuali; di natura commerciale; consultive nei confronti delle istituzioni pubbliche su questioni relative all’industria, al commercio, ai servizi, allo sviluppo economico, alla formazione professionale e all’assetto del territorio.

(Fonte: Public Policy)


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