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Riforma PA oggi in Senato: part-time prima della pensione ma a carico del lavoratore
Un emendamento al d.d.l. Madia propone che i dipendenti statali vicini alla pensione possano chiedere il part-time, pagando da sè i contributi. Novità in vista anche per le pensioni del sistema contributivo donna

Largo ai giovani nella PA, giusto?! È stato questo uno dei cavalli di battaglia della riforma della PA ai suoi esordi, quando la Ministra Madia, da poco insediatasi, parlò di “staffetta generazionale” per svecchiare la PA favorendo l’ingresso di personale più giovane.

Nel tempo, poi, complice la Ragioneria generale dello Stato che aveva espresso preoccupazione per le conseguenze che l’operazione avrebbe avuto sull’equilibrio del sistema previdenziale, il programma di ringiovanimento della PA è passato in secondo pianoa favore di precariato, concorsi, dirigenza pubblica, ecc.

L’idea è rispuntata fuori e fa parlare di sé: il senatore Hans Berger (gruppo Autonomie) ha infatti proposto un emendamento al DDL PA – da oggi nuovamente all’esame del Senato – secondo cui i dipendenti statali prossimi alla pensione possono chiedere il part-time.
Fin qui tutto bene se non fosse per una piccola clausola: ok la riduzione “su base volontaria e non revocabile” dell’orario di lavoro, e quindi la riduzione del personale “in procinto di essere collocato a riposo”, ma i contributi sono a carico del lavoratore.

Le perplessità quindi della Ragioneria vengono aggirate addebitando sul conto del dipendente statale l’onere che nella primissima versione della “staffetta generazionale” era dello Stato.

La domanda sorge spontanea: per quale ragione il dipendente statale dovrebbe scegliere il part-time?

Nuove ipotesi sull’opzione donna

Altra proposta di legge che potrebbe trovare posto nei prossimi emendamenti della riforma della PA riguarda le pensioni del sistema contributivo donna, per le quali potrebbero esserci consistenti novità non solo nella pubblica amministrazione ma per tutte le lavoratrici. 
Consiste nella possibilità di pensione anticipata a 60 anni per tutte le lavoratrici che hanno avuto la possibilità di sommare tutti i contributi versati durante la propria carriera lavorativa, compresi quelli versati durante i periodi di maternità e durante l’assolvimento di funzioni di cura nei confronti di figli e parenti.  
La proposta potrebbe essere l’occasione giusta per trovare una definitiva soluzione alla questione dell’”opzione donna” che è ormai finita in una pericolosa empasse. Mentre, infatti, il Governo deve ancora varare delle misure ufficiali per la proroga delle pensioni contributivo donna sia il Ministro Poletti che l’INPS nelle ultime comunicazioni su questo tema hanno lasciato aperta la possibilità di inoltrare le domande di pensionamento all’Inps (per tutte le donne che hanno raggiunto il requisito pensionistico dei 57 anni e 3 mesi entro il 2015). Tali domande però resteranno “in evidenza”, ossia in sospeso, finché il Governo non deciderà in merito.  
Proprio per questo è stata già avviata, dal Comitato Opzione Donna, una class action per richiedere una soluzione immediata al problema. 
Al di là dell’approvazione dei due singoli emendamenti quel che più preoccupa, attualmente, è che il DEF non abbia fatto alcun accenno alla riforma delle pensioni, per questo anche se questi emendamenti fossero approvati potrebbe essere solo la prossima legge finanziaria a darne definitiva attuazione reperendo le risorse necessarie a finanziarli.


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