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Legge Delrio, i tagli alle risorse per l’'esercizio delle funzioni conferite alle province non superano il vaglio di costituzionalità
La riforma delle province, ma soprattutto il prelievo forzoso imposto ai loro bilanci dalla legge 190/2014, è incostituzionale

La vicenda
Il TAR Piemonte ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti di alcune disposizioni regionali piemontesi – contenute nella legge finanziaria regionale per l’anno 2014, in quella di bilancio e in quella di assestamento – che provvedono allo stanziamento delle risorse per l’esercizio delle funzioni amministrative conferite alle province – l.r. 34/1998. Le questioni di legittimità sollevate con riguardo agli artt. 3, 97, 117 e 119 Cost. possono essere così sintetizzate: a) violazione degli artt. 117 e 119 Cost. per lesione dell’autonomia finanziaria, ridondante sul principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., in quanto lesiva del principio di programmazione e di proporzionalità tra risorse assegnate e funzioni esercitate; b) violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. per l’entità della riduzione in assenza di misure riorganizzative o riallocative di funzioni; c) violazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost. per il pregiudizio alla fruizione dei diritti sociali causato dal mancato finanziamento dei servizi.

La pronuncia della Corte costituzionale
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 10 del 2016, dichiara le norme impugnate costituzionalmente illegittime, in quanto riducono, in modo irragionevole e sproporzionato, senza alcun piano di riorganizzazione o di riallocazione, le dotazioni finanziarie per l’esercizio delle funzioni conferite dalla legge della Regione Piemonte n. 34 del 1998, pregiudicandone in tal modo lo svolgimento. La Corte costituzionale, nel dichiarare fondati i vari profili di censura, enuncia importanti principi di diritto, a partire da quello della necessaria corrispondenza tra funzioni e risorse necessarie al loro esercizio. Nel caso in esame, spiega la Corte, l’entità della riduzione delle risorse necessarie per le funzioni conferite alle Province piemontesi si riverbera sull’autonomia di queste ultime, entrando in contrasto con il principio costituzionale di autonomia finanziaria e con quello di buon andamento, nella misura in cui non consente di finanziare adeguatamente le funzioni stesse. La Corte dichiara fondate anche le questioni sollevate in riferimento al principio di ragionevolezza ed uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.). La riduzione sproporzionata delle risorse, infatti, non corredata da adeguate misure compensative, è infatti in grado di determinare un grave vulnus all’espletamento da parte delle Province delle funzioni espressamente conferite dalla legge regionale, determinando una situazione di “inadempimento” rispetto ai parametri legislativi fissati dalla legge n. 59 del 1997 e dalla stessa legge regionale di attuazione, la cui vigenza permane nella sua originaria configurazione. Sotto tale profilo, le norme impugnate – precisa la Corte – “non supera[no] il test di proporzionalità, il quale «richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio […] sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti [e se] stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (sentenza n. 1 del 2014)” (sentenza n. 272 del 2015). Dette norme operano, nel quadro ordinamentale dei servizi esercitati sul territorio regionale, in direzione opposta all’obiettivo di assicurare lo svolgimento delle funzioni conferite alle province. Anche il principio di eguaglianza sostanziale risulta violato a causa dell’evidente pregiudizio al godimento dei diritti conseguente al mancato finanziamento dei relativi servizi.

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