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“Valore Pubblico – La Pubblica Amministrazione che funziona”: un supporto al cambiamento
Intervista a Giovanni Valotti, professore di Economia delle aziende e amministrazioni pubbliche dell’Università Bocconi: un focus sul progetto e le sue finalità

ll prossimo 20 giugno presso il Campus SDA Bocconi School of Management si terrà la cerimonia finale del progetto “Valore Pubblico – La Pubblica Amministrazione che funziona”, organizzata organizzato con il patrocinio del ministro Renato Brunetta e di ANCI e UPI. L’obiettivo del progetto è di supportare i processi di cambiamento richiesti dal PNRR e necessari per rilanciare il ruolo e l’efficacia dell’azione pubblica come leva di rilancio dell’intero sistema Paese individuando delle best practices per la PA replicabili e scalabili.
Abbiamo chiesto a Giovanni Valotti, professore di Economia delle aziende e amministrazioni pubbliche dell’Università Bocconi, di raccontarci il progetto e le sue finalità.

Il progetto Valore pubblico di SDA4Gov iniziato a settembre scorso si conclude il 20 giugno con la premiazione delle migliori case history di pubblica amministrazione selezionate? Ci può in sintesi spiegare motivazioni e obiettivi del progetto?

SDA Bocconi da oltre 50 anni si occupa di attività di ricerca e formazione manageriale per il settore pubblico. Un settore ricco di tante esperienze di innovazione, ma che non sempre vengo adeguatamente valorizzate e comunicate. Insieme al gruppo Gedi e con il patrocinio del Ministero della Pubblica Amministrazione, di ANCI e UPI, abbiamo quindi deciso di lanciare una call aperta a tutte le amministrazioni pubbliche per raccogliere progetti innovativi. L’iniziativa ha avuto successo ed ha raccolto esperienze nei campi più disparati, dai cambiamenti nell’organizzazione e nei sistemi gestionali, alla digitalizzazione, alle politiche in campo ambientale e sociale. In un momento storico in cui il settore pubblico ha una grande responsabilità per il rilancio del paese, questa vitalità e capacità realizzativa delle amministrazioni ci restituisce un po’ di fiducia nei cambiamenti possibili ed auspicabili.

Il ministro Brunetta ha firmato vari Protocolli con agenti formativi privati, tra cui SDA Bocconi, per riqualificare i dipendenti della PA. Come giudica questa iniziativa e in che modo è coinvolta SDA Bocconi?

L’iniziativa è sicuramente importante e riguarda sia le Università pubbliche che quelle private. Una “chiamata alle armi” dei centri di competenza del paese per la trasformazione del settore pubblico. Nel caso di SDA Bocconi abbiamo ritenuto di fare uno sforzo particolare, mettendo a disposizione ogni anno 1.000 posti nei nostri corsi della Government Academy (iniziative brevi su contenuti mirati) e 200 posti nel corso di Perfezionamento in Management delle Amministrazioni Pubbliche (MAP) e nell’Executive Master in Management delle Amministrazioni Pubbliche. Per tutti questi programmi la Scuola si fa carico di una riduzione delle quote di iscrizione pari al 30% e, qualora il partecipante sostenesse direttamente il costo di partecipazione, il Dipartimento della Funzione Pubblica rimborserà un’ulteriore quota. L’intento è rendere accessibili a tutti percorsi qualificati di formazione manageriale.

Per la vostra lunga esperienza di collaborazione con la PA, su che ambiti i dipendenti pubblici hanno più bisogno di supporto formativo?

Nelle amministrazioni pubbliche ci sono tantissime persone di valore. La cultura prevalente è tuttavia di carattere giuridico o specialistica. Quando le persone si trovano a coprire posizioni di responsabilità hanno bisogno di integrare la propria “cassetta degli attrezzi”. Diventano quindi importanti le competenze manageriali, legate ai temi della strategia, dell’organizzazione, della programmazione, della misurazione della performance, della gestione delle persone, ecc. Su questo molto si è già fatto in passato per trasferire le conoscenze di base. Oggi, tuttavia, è richiesto un salto di qualità che richiede programmi formativi sempre più innovativi e sofisticati.

Lei ha recentemente scritto un libro Reactive PA sulla possibilità per le pubbliche amministrazioni di diventare veloci e reattive non solo in situazioni emergenziali. In che modo?

Colpisce il fatto che le amministrazioni messe sotto pressione diventano improvvisamente più flessibili, rapide ed efficaci. La gestione dell’emergenza COVID 19 è un grande esempio al riguardo. Nello studio che abbiamo condotto sono emersi alcuni elementi fondamentali che dovrebbero rappresentare i pilastri della trasformazione della PA: garantire un elevato grado di collaborazione sia a livello istituzionale che territoriale, assicurare agli enti il necessario spazio strategico, adottare processi decisionali rapidi e altamente reversibili, valorizzare il ruolo delle tecnologie a supporto delle decisioni, risvegliare il senso della missione e l’entusiasmo dei dipendenti pubblici, stimolare e rafforzare la cultura civica dei territori, qualificare l’azione della classe dirigente. La pandemia ha dimostrato che è possibile, si tratta di trasferire queste buone pratiche nelle situazioni di normalità.

Come vede l’integrazione di competenze e le sinergie tra settore pubblico e privato? E’ questa la strada per superare le problematiche che penalizzano spesso la PA? 

C’è una diffidenza reciproca tra pubblico e privato nel nostro paese e questo rappresenta un grande limite allo sviluppo di progetti innovativi. Se sono pensiamo ai fondi del PNRR, lo sviluppo di Partnership Pubblico Privato potrebbe agire da moltiplicatore delle risorse disponibili per opere e servizi di interesse pubblico. Più in generale, il pubblico non può fare tutto e può sempre meno fare da solo.


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