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Concorsi pubblici: le regole per scegliere i veri talenti
Il rinnovo della Pubblica Amministrazione passa attraverso alcune nuove buone pratiche

di CLAUDIA CICCODICOLA (da Corriere Economia) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

È di questi giorni la notizia della ripartenza dei concorsi pubblici, paralizzati da anni di blocco del turn-over, mal tollerati dall’opinione pubblica quale fonte di inefficienza, se non di clientelismo, e ora venuti alla ribalta in versione quasi messianica, quale preludio al tanto atteso rinnovamento della Pubblica Amministrazione.
L’alternarsi di punti di vista, di fortune e sfortune, dimostra che il concorso – previsto dall’articolo 97 della Costituzione come porta di accesso agli impieghi «aperta» a tutti, a garanzia delle pari opportunità degli aspiranti e della selezione dei più meritevoli – è uno strumento in sé neutrale, che può diventare buono o cattivo a seconda del modo in cui viene usato. Ed è proprio alla ricerca di nuovi modi di programmare, progettare e promuovere i concorsi pubblici che è dedicato il recente lavoro di un gruppo di studiosi e operatori, riuniti sotto l’egida dell’Irpa, l’Istituto di ricerche sulla Pubblica Amministrazione.

Le proposte

La ricerca «Come può la pubblica amministrazione reclutare le migliori competenze? Le buone pratiche» – alla quale hanno collaborato, oltre all’autrice di questo articolo, Dario Bevilacqua, Lorenzo Carbonara, Hilde Caroli Casavola, Bruno Carotti, Sabino Cassese, Matteo Gnes, Chiara Lacava, Guido Melis, Camilla Ramotti, Gianluca Sgueo, Federico Spanicciati nonché Stefano Battini, Bernardo Giorgio Mattarella, Alessandro Natalini, Kostandin Peci e Alessandro Tonetti – passa in rassegna alcuni punti-chiave del reclutamento di personale pubblico, indicando suggerimenti e proposte sulla scorta delle esperienze straniere più interessanti (Ue, Regno Unito, Francia e Stati Uniti), ma anche di quelle italiane (in particolare, della Banca d’Italia).

Ecco un elenco delle principali buone pratiche

Primo: il bando di concorso andrebbe preceduto dalla definizione centralizzata di una metodologia comune di rilevazione dei fabbisogni, come avviene in tutti i Paesi presi a esempio che guidi le singole amministrazioni nella stima di quali e quante professionalità assumere per conseguire gli obiettivi strategici.
Secondo: il sistema di reclutamento pubblico dovrebbe far perno su una «centrale unica», che abbia almeno il compito di elaborare regole e standard di selezione comuni, ma che in qualche caso potrebbe anche gestire le singole procedure, da «alleggerire» quanto meno della fase di preselezione dei candidati. E’ quel che può apprendersi, tra le altre, dall’esperienza dell’Ue, che ricorre all’Epso-European Personnel Selection Office per lo svolgimento di tutte le procedure di reclutamento.
Terzo: i poteri pubblici dovrebbero curare direttamente l’attività di preparazione ai concorsi, svolta attualmente da privati, come accade in Francia con il sistema delle Grandes Écoles.
Quarto: sarebbe utile far precedere il concorso da test di autovalutazione, per promuovere un’autoselezione delle candidature, con vantaggi sul piano della rapidità della selezione. Procedure di self-assessment sono adottate, con diverse modalità, in molti Paesi europei (nel Regno Unito hanno anche un peso nella valutazione complessiva).
Quinto: le prove vanno progettate con l’obiettivo di valutare non soltanto le conoscenze tecniche ma anche le capacità (a partire da quella di ragionamento e di soluzione dei problemi) e le attitudini dei candidati (ad esempio, la loro motivazione a lavorare al servizio di una comunità). Il settore privato fa largo uso dell’assessment center come metodologia di rilevazione delle soft skills: questo strumentario – se ben gestito, integrando le commissioni con professionisti del settore e assicurando una valutazione imparziale – è utile anche per la selezione dei dipendenti pubblici.
Sesto: per posizioni qualificate si può ricorrere a metodi di selezione alternativi, basati sull’esame del curriculum (integrato da un’intervista) e su forme di «applicazione temporanea», eventualmente convertibili in assunzioni definitive (previo superamento di un’ulteriore selezione al termine del percorso). In Banca d’Italia, ad esempio, esiste da anni una selezione alternativa al concorso tradizionale, la selezione fellowship, per le specifiche esigenze di reclutamento della funzione di ricerca economica.
Settimo: le amministrazioni pubbliche dovrebbero promuovere i concorsi presso i candidati «giusti», partecipando, ad esempio, ai career day organizzati dalle università, per attrarre brillanti giovani neolaureati interessati alla funzione pubblica.

La ricerca

La ricerca dell’Irpa si conclude con una riaffermazione del principio dell’esclusività del concorso: i concorsi pubblici non sono necessari perché prescritti dalla Costituzione, ma sono prescritti perché necessari ad assicurare il buon andamento dell’amministrazione. I concorsi tradizionali, però, non sempre riescono a selezionare i migliori: i suggerimenti e le proposte contenuti nel documento possono renderli più efficienti ed efficaci, facendone un’occasione concreta di rinnovamento della pubblica amministrazione e del sistema Paese.


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