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Transizione green, perché è l'ultima chiamata per l'Italia
L'economia circolare è un tassello fondamentale dello European green deal, il piano d'azione ideato per garantire una crescita sostenibile

di MASSIMILIANO BIANCO (da Il Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Nel dicembre 2019, la Commissione europea ha presentato lo European green deal, un piano d’azione volto a sostenere una crescita economica sostenibile nei prossimi anni, promuovendo l’uso efficiente delle risorse e la riduzione dell’inquinamento, con il quale l’Europa intende proporsi come guida a livello globale per i temi green, diventando il primo continente al mondo a impatto climatico zero entro il 2050. In questo contesto, lo European green deal riconosce all’economia circolare un ruolo fondamentale nella salvaguardia dell’ambiente e nella ripresa economica.
Le risorse del Next generation Eu rappresentano un’opportunità senza precedenti per favorire una reale ripresa economica sostenibile del Paese per la cui riuscita sono imprescindibili sia il contributo di indirizzo del settore pubblico sia la capacità industriale e di investimento del settore privato. Troppe occasioni sono state perse in passato, questa è l’ultima che rimane all’Italia per voltare pagina.

Entro il 30 aprile 2021 l’Italia dovrà presentare il Piano nazionale di ripresa e resilienza per accedere ai fondi del Next generation Eu che,
per il nostro Paese, ammontano a oltre 200 miliardi di euro. Di questi, una parte significativa, compresa tra il 30% e il 40%, sarà destinata alla transizione ecologica, tema che, con grande lungimiranza, sarà centrale nel governo Draghi.

L’accesso alle risorse del Recovery plan potrà essere fondamentale anche per supportare investimenti in progetti particolarmente innovativi e fisiologicamente ad alto rischio che un’azienda non sarebbe disposta a supportare in toto senza una contribuzione, almeno parziale, dell’investimento. Un esempio, nell’ambito dell’economia circolare, riguarda gli impianti waste-to-chemical, che potrebbero aiutare a chiudere il ciclo nel settore dell’ambiente, riducendo lo smaltimento in discarica per i rifiuti non recuperabili e producendo bio combustibili. Un’elevata copertura finanziaria da parte del Recovery Plan potrebbe inoltre consentire alle imprese di portare avanti progetti innovativi di scala significativa e a impatto positivo sull’ambiente quali l’estensione dei sistemi di teleriscaldamento urbano e investimenti nel ciclo idrico integrato in aree di particolare pregio ambientale, non popolose ma al contempo bisognose di ingenti interventi strutturali.

Il Recovery plan potrà quindi fungere da volano nel settore delle multiutility per integrare gli investimenti già previsti nonché per rinforzare le già solide capacità industriali e di innovazione delle imprese, anche nella prospettiva di affermare una leadership tecnologica in ambito continentale; inoltre, ogni investimento realizzato dalle utilities in infrastrutture/green economy produce un effetto moltiplicatore rilevante sul Pil. Le utilities possono avviare investimenti per 50 miliardi di euro in 5 anni e attivare 400 mila potenziali nuovi posti di lavoro, innescando un forte impatto indiretto sul territorio, in primo luogo sulla filiera del ciclo dei rifiuti che vedrà un allargamento del recupero a tutte le frazioni di materia e il supporto all’avvio di nuove filiere circolari. Ad esempio, il solo Gruppo Iren prevede di realizzare, entro il 2025, otto nuovi impianti di trattamento e recupero della materia e sette nuovi impianti di depurazione.

Per mettere a terra gli investimenti, sia pubblici sia privati, sarà imprescindibile continuare a lavorare sulla sburocratizzazione dei processi autorizzativi degli impianti, assicurando tempistiche più rapide e certe e regole stabili. In caso contrario, un’occasione unica per rendere
il Paese più green e accelerare la ripresa economica verrebbe smorzata
dalle inefficienze del sistema.


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