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Lavoro, Sud, giovani e 110%: sì unanime ai correttivi al Recovery Plan
Dopo il passaggio del voto sulle risoluzioni in Parlamento che si chiude oggi in Senato, il Recovery si avvia dunque verso la volata finale nelle prossime quattro settimane

di EMILIA PATTA (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Se il Pd festeggia l’inserimento nella risoluzione della Camera sul Recovery Plan della valutazione di impatto delle politiche (in particolare su occupazione e Mezzogiorno) e il tema dei giovani e della donne come priorità, anche la renziana Italia Viva rivendica gli interventi a favore delle nuove generazioni soprattutto sul fronte lavoro. Quanto al M5s, che ha dovuto ingoiare la cancellazione dell’apprezzamento sul Piano di rilancio presentato dall’ex premier Giuseppe Conte (la risoluzione contiene solo indicazioni per il governo Draghi), ci tiene a mettere il cappello su alcuni punti: la proroga del superbonus sull’edilizia al 110%; maggiori fondi per il Sud (superando così quota 34%) per ridurre i divari territoriali con il Nord; la richiesta di indicare gli strumenti per contrastare efficacemente infiltrazioni criminali, fordi ed episodi corruttivi nella gestione dei progetti finanziati dal Piano di rilancio.
Quanto alle new entry nella maggioranza draghiana, Forza Italia rivendica l’inserimento della necessità di sviluppare le misure di «fiscalità di vantaggio» nel Mezzogiorno e quelle agevolative di decontribuzione in favore dei datori di lavoro, così come la possibilità di istituire un Fondo sovrano italiano pubblico-privato e un Fondo dei fondi volto a favorire la patrimonializzazione delle imprese. La Lega invece porta a casa, tra l’altro, la riassegnazione delle risorse sostituite dai fondi Ue alle amministrazioni più efficienti sullo stesso territorio e l’adeguato coinvolgimento della Banca europea di investimento (Bei) e di Cassa depositi e prestiti (Cdp) nel finanziamento delle piccole e medie imprese.

Di certo la notizia politica del giorno è l’approvazione a larghissima maggioranza (412 voti a favore, 11 contrari e 44 astenuti tra cui i deputati di Fratelli d’Italia che comunque hanno collaborato alla risoluzione con le loro proposte) del documento che indica al governo le “correzioni” da apportare al Recovery Plan in fase di riscrittura. E, al di là delle bandierine di ciascun partito, su una cosa i deputati (e i senatori, che approveranno la loro risoluzione oggi) sono d’accordo: il Parlamento va coinvolto sempre, a partire da un nuovo passaggio prima di mandare il piano a Bruxelles entro la fine di aprile e successivamente per le fasi di controllo delle decisioni di spesa e di implementazione delle riforme. Suggerimenti subito accolti dal ministro dell’Economia Daniele Franco, presente al dibattito e alla votazione nell’Aula di Montecitorio, che ha rassicurato i deputati: «Il lavoro di sintesi del Parlamento che confluisce nelle relazioni e nelle risoluzioni contribuirà decisamente alla fase finale di definizione del Piano di qui alla fine del mese». Si tratta di «un lavoro ricognitivo approfondito che va assolutamente pienamente utilizzato» e, ha precisato, c’è «l’impegno del governo di avvalersi della relazione e di coinvolgere il Parlamento prima della trasmissione alla Commissione europea», un impegno che «riguarda anche la successiva fase attuativa» del Piano.

Anche sulla spinosa questione della governance (nel documento approvato si suggerisce una struttura snella che valorizzi le risorse della Pubblica Amministrazione) Franco è andato incontro alle preoccupazioni dei deputati: «La definizione di una governance snella e ben definita è un nodo cruciale: la proposta finale di Piano conterrà la descrizione di un modello organizzativo basato su una struttura di coordinamento centrale collegata a specifici presidi settoriali presso tutte le amministrazioni coinvolte unitamente a strutture di valutazione, sorveglianza e attuazione degli interventi» E ancora: «Al fine di facilitare una efficace e tempestiva attuazione del Pnrr è prevista la definizione di un pacchetto di norme di semplificazione procedurale. Quella delle procedure è forse la sfida più importante che abbiamo davanti».

Il ministro dell’Economia ha poi annunciato un piano per i progetti che giocoforza saranno infine esclusi dal Piano di rilancio: «I progetti che non saranno inclusi non saranno necessariamente accantonati: non solo esistono gli altri strumenti nazionali ed europei ma stiamo anche valutando se istituire una linea di finanziamento ad hoc, complementare al Pnrr, che includa i progetti che pur meritevoli per spirito e finalità ne siano esclusi perché non soddisfano alcuni criteri più stringenti».
Dopo il passaggio del voto sulle risoluzioni in Parlamento che si chiude oggi in Senato, il Recovery Plan si avvia dunque verso la volata finale nelle prossime quattro settimane. Procedure più semplici, governance snella ma con chiare attribuzioni di responsabilità, progetti concentrati il più possibile sugli interventi «più innovativi e di maggiore impatto»: queste le linee su cui si è concentrato il governo per chiudere la versione definitiva del Piano di rilancio da inviare a Bruxelles. Non senza un ulteriore passaggio alle Camere, come si è chiarito ieri: la formula adottata è quella delle «comunicazioni alle Camere prima della trasmissione» del Pnrr, che da regolamento prevedono un nuovo voto in Aula ma non un ulteriore passaggio nelle commissioni. Il tempo stringe.

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