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Decreto "Recovery" in arrivo ad aprile. Il ministro dell'Economia: "Con le riforme la crescita oltre il 3%"
La quota italiana totale del Next Generation EU scende da 196 a 191 miliardi: una sfida complessa

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Sarà un Decreto «Recovery Plan» a fissare i tanti snodi attuativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nella griglia del nuovo provvedimento, che il Governo ha messo in programma per aprile, prova a farsi largo un ventaglio ampio di misure, che spaziano dall’apertura dei canali per le assunzioni nella PA centrale e locale alla definizione di compiti e poteri della struttura di monitoraggio sui progetti che sarà il cuore del ruolo di pivot del piano affidato al ministero dell’Economia.

Il nuovo decreto sarà uno dei passaggi fondamentali dell’agenda serrata che Governo e Parlamento dovranno rincorrere per tagliare in tempo i due traguardi della presentazione del piano alla Ue entro fine aprile e dell’incasso dell’anticipo, fino al 13% della quota complessiva, prima dell’autunno. Le tappe inevitabilmente forzate contribuiscono a rendere quella del Pnrr «una sfida molto complessa», come ha sottolineato il ministro dell’Economia Daniele Franco nella lunga audizione che lo ha visto impegnato per oltre tre ore davanti alle commissioni Finanze, Bilancio e Politiche Ue di Camera e Senato. A correre dovranno essere sia il governo sia il Parlamento.

Nei prossimi giorni si susseguiranno le audizioni dei ministri interessati ai singoli filoni del piano davanti alle commissioni competenti per materia, in un giro di confronti che si dovrebbe chiudere intorno al 19 marzo per sfociare nelle risoluzioni dell’Aula sul piano entro la fine di marzo. Quelle risoluzioni, ha assicurato Franco richiamando le parole del premier Draghi, saranno «fondamentali» per il governo nella preparazione del Pnrr definitivo, anche perché «la piena e trasversale condivisione strategica del Piano è necessaria per la sua attuazione in questa e nella prossima legislatura». A differenziare il Pnrr finale dalle bozze del Conte2 saranno prima di tutto i capitoli dedicati alle riforme su Pa, Giustizia e Semplificazioni. La riscrittura del Fisco, ha chiarito invece il ministro, non sarà collegata al Piano, anche se resta «centrale» nel programma di governo. L’effetto delle riforme, secondo Franco, potrebbe far salire la spinta del Pnrr sul Pil oltre il 3% a regime dal 2026 calcolato dal Conte2.

L’altra casella da riempire riguarda la governance, cruciale per l’attuazione e quindi per l’arrivo effettivo dei fondi Ue. La regia di Franco lavorerà fianco a fianco con Vittorio Colao alla Transizione digitale, Roberto Cingolani alla Transizione ambientale e Mara Carfagna al ministero per il Sud. Determinante sarà poi il rapporto con gli enti territoriali, a cui spetta un ruolo di primo piano nell’attuazione degli investimenti. Sul piano tecnico a Via XX Settembre,
dove già oggi una squadra di 50 dirigenti e funzionari lavora a tempo pieno al Pnrr, ci sarà la «struttura centrale di coordinamento», affiancata da un «audit indipendente» come chiesto dall’articolo 22 del regolamento Ue come terminale della vigilanza comunitaria. Ogni ministero avrà una struttura di monitoraggio con il compito di vigilare sui progetti di cui è capofila.

Nel suo aggiornamento Franco ha spiegato che gli ultimi calcoli sulla quota italiana della Recovery and Resilience Facility ne limano la consistenza dai 196 iniziali (già 193 nella Nadef) a circa 191,5 miliardi, ma con una riduzione tutta concentrata sulla componente prestiti (i sussidi restano a quota 65,4 miliardi). I nuovi numeri, che portano il totale di Next Generation per l’Italia a 203 miliardi, sono frutto dell’aggiornamento al 2019 dei dati sul Reddito nazionale lordo: ma restano in ogni caso provvisori perché il 30% dei fondi sarà assegnato in base ai dati del Pil 2020-2021.


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