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Comuni, pronti 9mila progetti: finanziato il 70%, il 30% nel Recovery Plan
Una partita che si concentra su dissesto idrogeologico e messa in sicurezza di strade e scuole e si affianca ai contributi per gli investimenti verdi

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

All’apparenza è un mondo lontano dalle grandi strategie che dovrebbero innervare il Recovery Plan. Ma anche se rimane fuori dai riflettori del dibattito pubblico viaggia, a ritmi più veloci, nella stessa direzione. E appare destinato a incrociare presto le sorti del Piano di ripresa nazionale. Si tratta delle piccole opere dei Comuni, su cui si sta avviando in questi giorni la macchina del finanziamento statale. Le opere sono piccole, sì. Ma ora quelle pronte a partire sono tante, grazie a una concentrazione inedita di aiuti centrali alla spesa in conto capitale degli Enti locali. Fra quest’anno e il prossimo i sindaci puntano a creare oltre 9mila cantieri, che insieme cumulano 5,1 miliardi di euro.

Questa partita, che si concentra su dissesto idrogeologico e messa in sicurezza di strade e scuole, si affianca ai contributi per gli investimenti verdi. E insieme può determinare un aumento nell’ordine del 40% rispetto al livello normale della spesa di investimento dei Comuni, che negli ultimi anni si è fermata poco sotto i 10 miliardi di euro. A rendere possibile il salto è la congiunzione fortunata di tre fattori. La legge di bilancio del 2019 (governo gialloverde) aveva deciso di rilanciare il modello spagnolo per gli investimenti locali, fatto di piccoli aiuti statali diffusi in cambio di progetti per obiettivi predefiniti e soprattutto di tempi certi, e brevi, nella realizzazione dei lavori. Su questi filoni era stato innestato un fondo con un orizzonte lungo, fino al 2033. A cambiare il quadro è stato il Covid. Che ha colpito duro anche sui conti pubblici, ma con la sospensione delle regole Ue ha aperto enormi spazi fiscali. Il decreto di maggio, che con i suoi 55 miliardi di indebitamento (e i 155 di saldo netto) detiene un record difficilmente scalfibile in futuro, ha colto l’occasione anche per accorciare il calendario del fondo per gli investimenti comunali (con una mossa costruita dalla Ragioneria generale e mandata avanti sotto la regia politica della viceministra all’Economia Laura Castelli, che dovrebbe mantenere la delega alla finanza locale anche nel nuovo governo). Le rate annuali quindi si sono gonfiate. E i Comuni, va detto, hanno risposto. Inondando il governo di progetti, in larga parte già pronti ma fin qui bloccati proprio dall’assenza di coperture.

I primi 1,85 miliardi sono stati assegnati da Mef e Viminale martedì scorso, e danno benzina a 2.846 interventi, tutti dedicati al dissesto idrogeologico; in una geografia che guarda decisamente a Sud, come mostrano i calcoli dell’Ifel, dove si è concentrato il 60,5% dei fondi statali. Che svolgono quindi un evidente ruolo di supplenza alla debolezza dei conti locali meridionali. Gli assegni sono parametrati alla dimensione dei Comuni, e arrivano a un milione di euro quando gli abitanti sono meno di 5mila, salgono a 2,5 milioni per gli enti fino a 25mila residenti e arrivano a 5 milioni per i più grandi. Per le opere più piccole, fino a 100mila euro, l’affidamento dei lavori dovrà avvenire entro l’estate. Per quelle fino a 750mila euro si potrà attendere l’autunno, mentre le più grandi avranno tempi maggiori ma compresi in ogni caso entro l’autunno 2022. Ma Economia e Interni lavorano già a una nuova tappa, che entro maggio dovrebbe finanziare un altro tratto della graduatoria sterminata con ulteriori 1,75 miliardi. Ed è a questo punto che i piccoli investimenti locali incrociano direttamente il Recovery: perché dopo la seconda tranche dovrebbero rimanere scoperti meno di 3mila interventi, per un valore intorno al miliardo e mezzo, che al Mef si studia di finanziare anche con una fetta dell’anticipo (fino a 23 miliardi) sul Next Generation Eu. A patto, naturalmente, di presentare il Piano entro fine aprile.

Ma al Recovery non toccherà solo il compito di finanziare le code lasciate scoperte dai fondi nazionali. Nell’impianto del Pnrr all’esame del Parlamento, come ha rilevato in audizione la Corte dei conti, ci sono progetti per 49 miliardi che intrecciano gli enti locali. I numeri definitivi arriveranno ad aprile, ma l’obiettivo alla portata di mano è chiaro ed è quello di riportare gli investimenti comunali a viaggiare a ritmi di circa 20 miliardi l’anno. Sono i livelli che si registravano fino ai primi anni Duemila: quando l’Italia cresceva a tassi meno anemici di quelli che hanno cadenzato la lunga stagnazione pre-Covid.


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