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Se si lavora in smart working la quarantena precauzionale non equivale a malattia
Solo in caso di sintomi conclamati la prestazione viene sospesa: tutti i chiarimenti nel messaggio INPS n. 3653/2020

di GIAMPIETO FALASCA (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Il lavoratore che durante la quarantena precauzionale può accedere allo smart working o al telelavoro non va considerato in “malattia” in quanto non è inabile al lavoro e la sua attività non si sospende. Con questo importante chiarimento contenuto nel messaggio 3653/2020 del 9 ottobre l’INPS agevola una gestione equilibrata dei periodi di quarantena fiduciaria.
L’Istituto parte dalla considerazione che la quarantena e la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili non configurano un’incapacità temporanea al lavoro: si tratta, secondo l’INPS, di semplici situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività che il legislatore ha equiparato, ai soli fini del trattamento economico, alla malattia e alla degenza ospedaliera.
In questi casi, se il lavoratore può continuare a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa in regime di smart working oppure di telelavoro, non si verifica alcuna sospensione dell’attività lavorativa e della correlata retribuzione; di conseguenza, non si applica la tutela previdenziale della malattia spettante, di norma, al lavoratore in quarantena o in sorveglianza precauzionale.

La situazione cambia in caso di malattia conclamata: in questa ipotesi il lavoratore è temporaneamente incapace al lavoro, la sua prestazione si sospende e nasce il diritto alla tutela previdenziale di malattia. Il messaggio dell’ente di previdenza precisa anche la disciplina applicabile nei casi in cui il lavoratore non possa recarsi al lavoro a causa di un’ordinanza dell’autorità amministrativa locale contenente il divieto di allontanamento dei cittadini da un determinato territorio.
Per questa ipotesi la legge, limitatamente alle imprese operanti nelle regioni Emilia Romagna, Veneto e Lombardia riconosce il diritto di presentare, con riferimento ai lavoratori provenienti da zone oggetto di chiusura, domanda di accesso agli ammortizzatori sociali connessi all’emergenza Covid.
Fuori da questi casi, l’INPS afferma un principio generale: in tutti i casi di ordinanze o provvedimenti di autorità amministrative che di fatto impediscano ai soggetti di svolgere la propria attività lavorativa, non è possibile riconoscere la tutela di malattia prevista per la quarantena, in quanto manca un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica che giustifichi l’accesso a questo tipo di trattamento.

Il messaggio esclude il diritto alla tutela previdenziale anche per i lavoratori assicurati in Italia che sono andati all’estero e sono stati oggetto di provvedimenti di quarantena da parte delle competenti autorità del Paese straniero. Anche per tali soggetti, la tutela non può essere riconosciuta senza un procedimento eseguito dalle preposte autorità sanitarie italiane.
Infine, il messaggio precisa che in caso di quarantena di un lavoratore destinatario di un ammortizzatore sociale non spetta la tutela prevista in caso di evento di malattia, dovendosi applicare il noto principio della prevalenza del trattamento di integrazione salariale sull’indennità di malattia.


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