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Rigenerazione urbana e periferie, al via bando da 850 milioni per le città
Saranno scelti i progetti senza consumo del suolo e con proposte dei privati

di GIORGIO SANTILLI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Arriva il bando del governo per le proposte di rigenerazione urbana: servirà ad assegnare i primi 853 milioni disponibili per l’operazione battezzata «qualità dell’abitare». Il bando (che in realtà è un decreto interministeriale, firmato dalla ministra De Micheli, e controfirmato dai colleghi Gualtieri e Franceschini), è ora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale: si rivolge a Regioni, città metropolitane, Comuni capoluoghi di città metropolitane e di provincia, Comuni di oltre 60mila abitanti, che potranno presentare fino a tre proposte ciascuno entro 120 giorni. Gli investimenti attivati dal bando saranno di gran lunga superiori ai fondi stanziati, considerando che saranno premiati i progetti che attiveranno altre risorse pubbliche e private e che coinvolgeranno operatori privati. Fra gli altri criteri di selezione pesa «il bilancio zero nel consumo di nuovo suolo». Quindi via libera ai progetti per rigenerazione urbana e recupero delle periferie. Era uno degli aspetti qualificanti della legge di bilancio 2020 e ora arriva il bando del governo per presentare le proposte: servirà ad assegnare i primi 853 milioni disponibili che dovranno portare però a un investimento di gran lunga maggiore, considerando che dei sette criteri per stilare la classifica delle proposte (e decidere chi avrà i soldi) due sono moltiplicatori finanziari. Saranno premiati, cioè, i progetti che attiveranno altre risorse pubbliche e private in aggiunta a quelle richieste sul fondo (lettera E) e quelli che coinvolgeranno operatori privati (lettera F).

Fra i criteri di selezione dei progetti spicca per rilevanza strategica quello della lettera D che chiede «bilancio zero del consumo di nuovo suolo» mediante interventi di recupero e riqualificazione di aree già urbanizzate. Saranno premiate anche le proposte che avranno maggiore qualità e coerenza con le finalità di cui all’articolo 1, comma 437, della legge 160/2019, in particolare «presenza di aspetti innovativi e di green economy» (lettera A), quelle che porteranno maggiori investimenti su «immobili di edilizia residenziale pubblica, con preferenza per le aree a maggiore tensione abitativa» (lettera B) e la presenza nell’intervento di «recupero e valorizzazione dei beni culturali, ambientali e paesaggistici ovvero recupero e testimonianze architettoniche significative» (lettera C). L’ultimo criterio (lettera G) è l’applicazione della metodologia Bim (Building Information Modeling) e della progettazione digitale. Un criterio molto caro al neodirettore del dipartimento Infrastrutture del Mit, Pietro Baratono, che ne è stato un precursore nell’applicazione agli investimenti pubblici.

Il bando è rivolto a Regioni, città metropolitane, Comuni capoluoghi di città metropolitane e di provincia, comuni di oltre 60mila abitanti: potranno presentare fino a tre proposte ciascuno, avranno 120 giorni per farlo (ci sarà poi una seconda fase con una maggiore articolazione delle proposte nei successivi 120 giorni). Il bando è in realtà un decreto interministeriale, firmato dalla ministra alle Infrastrutture, Paola De Micheli, e controfirmato dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, e dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. È atteso ora in Gazzetta ufficiale.

Ma quali saranno i settori e le finalità delle proposte progettuali? Il decreto, all’articolo 2, ne indica cinque: a) riqualificazione e riorganizzazione del patrimonio destinato all’edilizia residenziale sociale e suo incremento; b) rifunzionalizzazione di aree, spazi e immobili pubblici e privati anche attraverso la rigenerazione del tessuto urbano e socioeconomico e all’uso temporaneo; c) miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza dei luoghi urbani e della dotazione di servizi e delle infrastrutture urbano-locali; d) rigenerazione di aree e spazi già costruiti, soprattutto ad alta tensione abitativa, incrementando la qualità ambientale e migliorando la resilienza ai cambiamenti climatici anche attraverso l’uso di operazioni di densificazione; e) individuazione e utilizzo di modelli e strumenti innovativi di gestione, inclusione sociale e welfare urbano nonché di processi partecipativi, anche finalizzati all’autocostruzione. I progetti dovranno riguardare le aree periferiche e quelle che, «ancorché non periferiche, sono espressione di disagio abitativo e socioeconomico e non dotate di adeguato equipaggiamento urbano-locale».


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