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Il podcast della Gazzetta #16 – Diritto di accesso dei consiglieri comunali da remoto al protocollo informatico o al sistema di contabilità dell'ente
La rassegna settimanale del nostro esperto Amedeo Scarsella sui temi di maggior di rilievo per gli operatori della Pubblica Amministrazione locale predicting and / or using the style for the intervals can be described as have in luxury fake watches.

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Nel nuovo appuntamento del podcast della Gazzetta degli Enti Locali il nostro esperto Amedeo Scarsella si focalizza sul diritto di accesso dei consiglieri comunali, disciplinato dall’art. 43 comma 2 del TUEL (decreto legislativo n. 267/2000), un diritto estremamente ampio che consente di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in possesso, utili all’espletamento del mandato.

Come è noto in molte circostanze i consiglieri richiedono di poter accedere da remoto a sistemi informatici dell’ente, nello specifico il protocollo informatico e il sistema contabile comunale.
I più recenti orientamenti giurisprudenziali (vedi sotto) ritengono possibile l’espletamento di questo diritto ed un parere del Ministero dell’Interno del 29 novembre 2019 basandosi su alcune sentenze in materia, conferma e riconosce la possibilità per il consigliere di accedere al sistema informatico interno dell’Ente anche attraverso password di servizio.

PER APPROFONDIRE:
– Credenziali per l’accesso da remoto ai dati di sintesi del protocollo informatico comunale;
– Il consigliere comunale può avere le credenziali di accesso a protocollo e sistema contabile dell’Ente;
– E. Cuzzola (La Gazzetta degli Enti Locali 5/6/2020Accesso dei consiglieri: eccessivo il rilascio della password al sistema contabile dell’Ente;

GIURISPRUDENZA:
Consiglio di Stato, Sez. III, 
sentenza n. 3345 del 26 maggio 2020. Il particolare diritto di accesso del consigliere regionale non è illimitato, vista la sua potenziale pervasività e la capacità di interferenza con altri interessi primariamente tutelati (d’altra parte, lo stesso Statuto regionale, come visto, rimanda alla «legge» per l’individuazione dei limiti dell’accesso; cfr. Cons. Stato, V, 2 gennaio 2019, n. 12 che spiega: “Del resto, la finalizzazione dell’accesso ai documenti in relazione all’espletamento del mandato costituisce il presupposto legittimante ma anche il limite dello stesso, configurandosi come funzionale allo svolgimento dei compiti del consigliere”). Occorre così che un tale particolare accesso, per essere funzionalmente correlato al migliore svolgimento del mandato consiliare: a) non incida sulle prerogative proprie degli altri organi regionali, a necessaria garanzia delle funzioni che a questi (Il Presidente e la Giunta), e non al Consiglio regionale, l’ordinamento attribuisce, nel quadro dell’assetto costituzionale dell’ente; b) non sia in contrasto con il rammentato principio costituzionale di razionalità e buon funzionamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.); c) avvenga con modalità corrispondenti al livello di digitalizzazione della amministrazione (cfr. art. 2, comma 1, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82). L’attività amministrativa della Giunta è soggetta al controllo politico, non amministrativo, del Consiglio regionale. Questo tipo di accesso corrisponde insomma alla funzione del consigliere regionale nella forma di governo regionale definita dalla Costituzione, improntata a replicare l’immanente principio di separazione dei poteri tra legislativo ed esecutivo. Al Consiglio regionale compete la funzione legislativa e di controllo politico ma non quella di direzione dell’amministrazione regionale, propria invece della responsabilità istituzionale della Giunta regionale e del Presidente e – in quella forma di governo, essenzialmente presidenziale – in forme più accentuate che nel modello parlamentare nazionale. Tenuta e formazione della documentazione sono proiezione e patrimonio cognitivo della funzione esecutiva, non di quella legislativa o di controllo politico: equipararle, significherebbe confondere le rispettive funzioni. Perciò consentire ai consiglieri regionali di accedere a discrezione, in maniera costante e immediata, all’intera massa degli atti e dei documenti amministrativi comporterebbe una seria alterazione, di fatto, della forma di governo perché inciderebbe sulla funzionalità dell’amministrazione e sull’inerente responsabilità. La Costituzione non ha stabilito per le regioni una forma di governo assembleare, come sarebbe se il patrimonio cognitivo venisse condiviso con i consiglieri regionali. Da una tale condivisione verrebbe alterato il sistema dei pesi e contrappesi insito nella separazione tra i poteri e, contro il disegno costituzionale, si perverrebbe di fatto a una quasi cogestione dell’attività amministrativa. E, in una forma di governo essenzialmente presidenziale, contro la coerenza del sistema si finirebbe addirittura per dare al singolo consigliere regionale un potere che non ha il singolo parlamentare nella forma di governo parlamentare nazionale. Va anche considerato che l’elettività dei consiglieri regionali non fa di ciascuno di loro – squilibrando il sistema dei pesi e contrappesi della separazione costituzionale dei poteri – un organo autonomo, a competenza illimitata e a conoscenza illimitata: in disparte la considerazione, pur centrale, che la prescelta forma di governo essenzialmente presidenziale si basa sull’elettività del Presidente della Giunta regionale, «eletto a suffragio universale e diretto» (artt. 123, primo comma, e 122 Cost.).

TAR Sicilia-Catania, Sez. Isentenza n. 926 del 4 giugno 2020. Il comune correttamente nega ai consiglieri comunali l’accesso mediante rilascio delle credenziali (user id password) relative ai programmi di protocollo informatico e di gestione contabile dell’ente. Sul punto va subito evidenziato che ben conosce il Collegio il recente orientamento giurisprudenziale che – correlando il diritto di accesso dei consiglieri comunali al progressivo e radicale processo di digitalizzazione dell’organizzazione e dell’attività amministrativa, risultante dal codice dell’amministrazione digitale – è giunto ad affermare il diritto del consigliere comunale di soddisfare le esigenze conoscitive connesse all’espletamento del suo mandato anche attraverso la modalità informatica, con accesso da remoto al protocollo informatico (in relazione ai soli dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo) e al sistema informatico contabile, con corrispondente obbligo per il Comune di approntare le necessarie modalità organizzative (cfr. T.A.R. Basilicata, sez. I, 10 luglio 2019, n. 599; cfr. anche T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 4 aprile 2019, n. 545; T.A.R. Sardegna, sez. I, 4 aprile 2019, n. 317). E’ stato altresì osservato in subiecta materia che la fruibilità dei dati e delle informazioni in modalità digitale deve essere garantita con modalità adeguate (alla precipua finalità informativa) ed appropriate (alla tecnologia disponibile) e che – secondo un corrispondente e sotteso canone di proporzionalità – grava sull’Amministrazione l’approntamento e la valorizzazione di idonee risorse tecnologiche, che – senza gravare eccessivamente sulle risorse pubbliche – appaiano in grado di ottimizzare, in una logica di bilanciamento, le esigenze della trasparenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 giugno 2018, n. 3486). Ritiene il Collegio, tuttavia, di discostarsi dal predetto orientamento per le ragioni di seguito indicate. Quanto al rilascio delle credenziali per l’accesso al programma di gestione contabile esso, in definitiva, consentirebbe ai consiglieri comunali ricorrenti di accedere alla generalità indiscriminata dei documenti relativi alla contabilità dell’Ente in mancanza di apposita istanza; tale forma di accesso “diretto” si risolverebbe in un monitoraggio assoluto e permanente sull’attività degli uffici, tale da violare la ratio dell’istituto, che, così declinato, eccederebbe strutturalmente la sua funzione conoscitiva e di controllo in riferimento ad una determinata informazione e/o ad uno specifico atto dell’ente, siccome ritenuti strumentali al mandato politico, per appuntarsi, a monte, sull’esercizio della funzione propria della relativa area e sulla complessiva attività degli uffici, con finalità essenzialmente esplorative, che eccedono dal perimetro delle prerogative attribuite ai consiglieri (arg. ex T.A.R. Molise, sez. I, 3 settembre 2019, n. 285). Il Collegio ritiene di dover aggiungere che il diritto di accesso dei consiglieri comunali non può estendersi fino a configurare “[…] un sindacato generalizzato dell’attività degli organi decidenti, deliberanti e amministrativi dell’Ente […]” in luogo di esercizio del mandato politico “[…] finalizzato ad un organico progetto conoscitivo in relazione a singole problematiche […]” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 846; cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1298 e T.A.R. Sardegna, sez. I, 13 febbraio 2019, n. 128). Quanto al rilascio delle credenziali per l’accesso al programma di protocollo informatico, il Collegio ritiene che tale rilascio si tradurrebbe in un accesso generalizzato e indiscriminato a tutti i dati della corrispondenza in entrata e uscita (cfr. T.A.R. Toscana, sez. I, 22 dicembre 2016, n. 1844). Il rilascio delle credenziali per l’accesso a tale ultimo programma, peraltro, si rivela sproporzionato rispetto alle esigenze conoscitive sottese: si vuol evidenziare, in altri termini, che la modalità informatica di accesso (il “quomodo”) appare eccessiva rispetto allo scopo perseguito, essendo l’Ente comunale tenuto, a fronte di istanza formulata dai consiglieri comunali nel rispetto dei sopra delineati principi (cfr. punto 3.1.2. in Diritto), a consentire la visione nonché a procedere al rilascio di copia cartacea (stampa) dei dati di sintesi del protocollo informatico (numero di registrazione al protocollo, data, mittente, destinatario, modalità di acquisizione, oggetto).


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