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IMU, sui pagamenti il caos scadenze ma il ritardo ora costa meno
Al classico appuntamento del 16 giugno si arriva con gli Enti locali in ordine sparso: uno sguardo alla situazione attuale

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Il restyling di dicembre subìto dall’imposta comunale sugli immobili puntava alla semplificazione, incorporando la TASI sotto il cappello della «nuova IMU» e cancellando così il paradosso della doppia imposta sullo stesso patrimonio. Ma l’emergenza sanitaria e le sue ricadute economiche hanno di fatto cancellato questo obiettivo. Al classico appuntamento del 16 giugno si arriva con gli Enti locali in ordine sparso: attesa per settimane una proroga generalizzata, poi trasformatasi negli annunci in una moratoria di interessi e sanzioni, gli amministratori locali hanno incontrato nella manovra anticrisi una casella vuota. Le decisioni sul da farsi sono state lasciate agli enti, che spesso ignoravano la possibilità stessa di intervenire su una data fissata dalla legge. L’Ifel, la fondazione dell’Anci sulla finanza locale, ha consigliato alle amministrazioni la via della moratoria di sanzioni e interessi, suggerendo di stabilire regole di favore soprattutto per le categorie più colpite dalla crisi.

Il problema, però, è nell’assenza di indicazioni nazionali. Nemmeno la risoluzione del dipartimento Finanze, attesa in questi giorni per indicare con più chiarezza i confini dell’autonomia tributaria locale, per il momento non è stata pubblicata. Il problema, che oppone Via XX Settembre ai Comuni, è sulla possibilità di spostare autonomamente anche i termini dell’Imu statale, cioè la “quota erariale” dell’imposta pagata da imprese e centri commerciali. Il Mef ha negato a suo tempo questa opzione, nella risposta a un quesito di Telefisco 2020, gli enti locali premono in direzione opposta, sostenendo la difficoltà di molte imprese nel presentarsi puntuali alla cassa dopo molte settimane di blocco dell’attività economica. Ma per ora un’apertura non c’è.

Ma il maquillage operato con l’ultima manovra di bilancio porta due novità importanti per l’acconto 2020: una buona e una meno.
La prima è data dall’estensione anche ai tributi locali del «ravvedimento lungo» che taglia le sanzioni per chi paga in ritardo. Come accade per i tributi erariali, quindi, anche nel caso dell’Imu si potrà sanare la propria posizione pagando la sanzione minima ridotta a un decimo entro 30 giorni, a un nono entro 90 giorni, a un ottavo entro un anno e così via. Il calendario, insomma, promette di essere caotico e parecchio variegato sul territorio: ma il suo mancato rispetto finisce per costare poco a chi sfora.

L’altra novità, nata sempre nel nome della semplificazione ma più incerta nei risultati, è nel metodo di calcolo dell’acconto, che è pari al 50% di quanto versato come Imu e Tasi nel 2019. Questo, come sempre, permette di ignorare il balletto delle aliquote in sede di acconto, soprattutto in un anno complicato come questo che di proroga in proroga dà tempo ai Comuni fino al 31 luglio per chiudere bilanci preventivi e delibere tributarie (ma già è in aria l’idea di un ulteriore rinvio al 30 settembre). Ma il riferimento secco a quanto «versato» l’anno scorso comporta una serie di effetti collaterali.

Se ne accorgeranno presto gli albergatori. Il decreto 34 cancella per loro la prima rata quanto proprietario dell’immobile e gestore della struttura ricettiva coincidono. Ma la prima rata, appunto, è pari al 50% di quanto versato l’anno scorso: per cui se un albergo è nato nel corso del 2019 lo sconto si assottiglia, perché per esempio se l’acquisto è datato 1° ottobre l’Imu-Tasi 2019 è stata pagata per 3/12 dell’anno, e la prima rata cancellata è pari a un mese e mezzo di imposta e non a sei mesi. Se l’albergo è stato acquistato a inizio 2020, lo sconto è zero. Ma è evidente che questo meccanismo incide sui calcoli di tutti gli acconti di chi ha acquistato l’immobile nel corso del 2019.


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