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Decreto Rilancio: zone rosse, caos sui Comuni esclusi dai fondi
Un avviso di rettifica ha cancellato i fondi aggiuntivi promessi dalle versioni precedenti del decreto a decine di Comuni che hanno subìto la forma più dura del lockdown

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Sono bastate poche righe pubblicate in fondo alla Gazzetta Ufficiale per innescare l’ennesimo caso politico intorno al complicato cantiere del decreto intitolato al «Rilancio». Cantiere che evidentemente è proseguito anche dopo la firma del Capo dello Stato e la pubblicazione sulla Gazzetta avvenuta a martedì a tarda notte. Perché a far scoppiare il problema è stata l’edizione del giorno dopo.

Un «avviso di rettifica» ha cancellato con un tratto di penna i fondi aggiuntivi promessi dalle versioni precedenti del decreto a decine di Comuni che hanno subìto la forma più dura del lockdown, per il fatto di essere stati dichiarati «zona rossa». Sul piatto ci sono i 200 milioni extra promessi dal decreto a questi enti. Già, ma quali enti? Nella versione di martedì notte questi soldi sarebbero andati a tutti i Comuni «dichiarati zona rossa, sulla base di provvedimenti statali o regionali entro il 3 maggio 2020 per almeno trenta giorni consecutivi». Proprio questa frase è stata cancellata, con il risultato di restringere la platea dei 200 milioni ai Comuni delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza indicate in un passaggio del decreto liquidità (articolo 18, comma 6 del Dl 23/2020).

La ragione del cambio di rotta è facile da capire. Perché la riduzione del numero di enti che concorrono al finanziamento aumenta la quota pro capite riservata ai territori che in generale hanno subito i colpi più duri in termini di vittime e malati. Ma altrettanto semplice da intuire è la conseguenza di una scelta del genere, arrivata ex post in una modalità che l’ha resa particolarmente evidente: la conseguenza è l’accendersi della polemica politica.
A innescarla è stata in mattinata la Lega, che ha avuto gioco facile nel denunciare un «governo senza vergogna che agisce nell’ombra della notte e sottrae risorse a tanti Comuni italiani». Sul piede di guerra anche Luca Zaia dal Veneto («decreto imbarazzante») e Vincenzo De Luca dalla Campania («sconcertante»), i presidenti delle Regioni più colpite dal cambio di rotta per aver istituito «zone rosse» non più considerate dal decreto riveduto e corretto.
A quel punto la maggioranza è dovuta correre ai ripari con i big, a partire da Luigi Di Maio che chiede di «estendere i fondi a tutti i Comuni delle zone rosse». Sulla stessa linea il Pd che promette «di lavorare in Parlamento per un intervento destinato a tutti i Comuni dichiarati zona rossa».

Ma qui il gioco dell’oca ritorna al punto di partenza. Perché nonostante il coro nella maggioranza che prende le distanze dall’errata corrige finito tardivamente in Gazzetta Ufficiale la “manina” del ministero dell’Economia non si è mossa da sola. E a innescare la correzione c’è evidentemente il fatto che i 200 milioni si disperderebbero se distribuiti su un orizzonte vasto. Per una platea grande serve un fondo grande. E toccherà al Parlamento costruirlo, magari pescando fra gli 800 milioni lasciati dal provvedimento all a”disponibilità” di deputati e senatori.


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