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Pubblica Amministrazione: supporto ai settori economici che ripartono e nuove modalità organizzative
Nuova direttiva della Funzione pubblica, n. 3/2020 sulle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa nell’evolversi dell'emergenza Coronavirus

Le amministrazioni che non stiano già ottemperando, dovranno organizzarsi in maniera da garantire la rapida conclusione dei procedimenti più urgenti, come peraltro previsto anche dal Decreto “Cura Italia”. E ciò nonostante la previsione generale di sospensione dei termini. In questo sforzo ulteriore rispetto all’erogazione – mai sospesa – dei servizi indifferibili, che accompagna la ripartenza di alcune filiere e settori fondamentali dell’economia del Paese (manifattura, edilizia, commercio all’ingrosso), le amministrazioni potranno valutare di ripensare le modalità organizzative messe in campo, basate fondamentalmente sul lavoro agile. Dunque, potranno prevedere rientri limitati di contingenti di personale per concludere le pratiche che hanno carattere di urgenza e che non siano trattabili da remoto.

È questo in sostanza il contenuto della direttiva 3/2020 firmata ieri dal ministro Dadone. Lo Stato non si è mai fermato e ora deve supportare il rilancio dei comparti chiave che proprio oggi riaprono i battenti.
Sullo smart working, allo scopo di renderlo sempre più efficiente, la direttiva invita invece gli enti a rafforzare le dotazioni informatiche grazie alle recenti norme di semplificazione e ad accelerare la digitalizzazione dei procedimenti, ponendo particolare attenzione alla formazione del personale.

Leggendo la direttiva affiorano però alcune criticità: come si può leggere sul Sole 24 Ore di questa mattina “mentre la direttiva spiega che gli uffici devono dare seguito alle istanze e alle segnalazioni dei privati, le norme continuano a disegnare un limbo, con la sospensione dei contatori delle scadenze per autorizzazioni e concessioni che le bozze della manovra anticrisi allungano fino al 15 giugno. Ai dirigenti tocca allora il compito non facile di orientarsi fra queste indicazioni, tenendo in mente un paio di punti fermi: quella agile resta la «modalità ordinaria» di svolgimento del lavoro pubblico, ma le eccezioni si devono allargare per rispondere a un’Italia non più paralizzata dal lockdown. Anche perché, spiega sempre la direttiva, l’utilizzo ufficiale dello smart working è stato larghissimo: ma la «digitalizzazione dei processi» ha segnato il passo anche per una «strumentazione informatica» che «non sempre si è rivelata adeguata», come recita il linguaggio sorvegliato di Palazzo Vidoni: un problema strutturale, difficile da risolvere solo con la richiesta ai dirigenti di intervenire sui modelli organizzativi”.

>> IL TESTO DELLA DIRETTIVA DELLA FUNZIONE PUBBLICA, n. 3.


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