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Coronavirus: la richiesta di aiuto degli enti chiamati ad applicare le norme antipandemia
Per un dipendente che abita in zona rossa, ma con lavoro in altro Comune, l'assenza dal lavoro come deve essere giustificata?

Sono diversi i quesiti che provengono dalle amministrazioni con riguardo agli spostamenti delle persone per motivi di lavoro ed alla cumulabilità delle diverse opzioni di gestione del rapporto di lavoro come, ad esempio, la presenza fisica alternata con l’esenzione dal servizio, anche in considerazione delle peculiarità di alcuni servizi considerati indifferibili e per i quali l’espletamento della prestazione non possa che avvenire con la presenza fisica del lavoratore sul luogo di lavoro, seppur a carattere non continuativo. Di seguito vengono fornite le risposte ad una selezione di quesiti.

Un dipendente che abita in zona rossa, ma con lavoro in altro Comune, l’assenza dal lavoro come deve essere giustificata?
Il quadro normativo che, allo stato, regola gli spostamenti da un comune ad altro comune per svolgere l’attività lavorativa, possono così compendiarsi. Le disposizioni dell’art. 1, comma 1, let. a), del Dpcm 8.3.2020, che disciplinavano le limitazioni di spostamento delle persone fisiche nelle cosiddette zone “gialle”, sono state indistintamente estese a tutto il territorio nazionale dall’art. 1, comma 1, del successivo Dpcm 9.3.2020. La prescrizione in commento statuisce che “1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 (…) a) evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza;”. Per quanto attiene, viceversa, alle limitazioni imposte alle persone presenti nelle cosiddette zone “rosse”, ovvero: Comuni di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini e Vo’, il Dpcm 1.3.2020, in vigore dal 2 marzo successivo, dispone, all’art. 1, comma 1, lett. a) e b), il divieto di allontanamento dai comuni stessi da parte di tutte le persone comunque presenti sui relativi territori, nonché il divieto di accesso da parte di altre persone nei territori stessi, nonché, ai sensi della let. m), del medesimo art. 1, comma 1, la sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per tutti i lavoratori residenti o domiciliati, anche di fatto, nel comune o nell’area interessata, anche laddove le attività stesse siano svolte fuori dai Comuni costituenti la cosiddetta zona “rossa”. L’efficacia di tali disposizioni, tuttavia, era prevista sino al termine del 8 marzo 2020 (art. 6, comma 1, dello stesso Dpcm), non essendo previsto alcun termine speciale di operatività per tali prescrizioni.
Non a caso, infatti, l’art. 5, comma 3, del successivo Dpcm 8.3.2020, ha disposto, a conclusione dell’efficacia delle predette statuizioni, la cessazione degli effetti giuridici dell’intero Dpcm 1.3.2020 a far tempo dalla data di entrata in vigore del nuovo decreto, ovvero dal 8.3.2020 e sino al 3.4.2020 (art. 5, comma 1, del Dpcm 8.3.2020). Alla luce del quadro normativo sopra rappresentato, pertanto, si è proceduto al superamento della frammentazione del territorio nazionale in zone dotate di misure di contrasto differenziate, per giungere, viceversa, attraverso l’estensione delle norme recate dall’art. 1 del Dpcm 8.3.2020 all’intero ed indistinto territorio nazionale opera del citato art. 1, comma 1, del successivo Dpcm 9.3.2020. Stante, quindi, il quadro di riferimento normativo così delineato, si ritiene che anche alle persone presenti sui territori comunali già facenti parte delle ex “zone rosse” debbano essere, ad oggi, applicate le prescrizioni limitative di cui al richiamato art. 1, comma 1, let. a), del Dpcm 8.3.2020, le quali, come visto, non impediscono, in modo assoluto ed indistinto, gli spostamenti, anche in comuni diversi da quello di appartenenza, per lo svolgimento di attività lavorativa, disponendo, infatti, di evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori comunali di presenza, residenza o domicilio, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero spostamenti per motivi di salute. Occorrerà valutare, pertanto, se siano ammissibili forme alternative per consentire di fornire la prestazione lavorativa in remoto da parte del personale interessato, come il lavoro agile o il telelavoro, ovvero l’utilizzo di istituti, contrattuali e legali, di assenza giustificata e retribuita dal servizio. Solo in casi eccezionali, quindi, laddove, da un lato, l’assenza fosse imposta da situazioni non riconducibili allo stato di quarantena con sorveglianza attiva o di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, nel qual caso tali situazioni sono equiparate al periodo di ricovero ospedaliero, e, dall’altro lato, l’assenza dal lavoro fosse conseguenza obbligata discendente dalle limitazioni imposte dai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19, nel qual caso il periodo di assenza obbligata dal lavoro è considerata servizio prestato a tutti gli effetti di legge, secondo quanto espressamente previsto dal combinato disposto dell’art. 19, commi 1 e 3, Dl 2.3.2020, n. 9.

Avrei due quesiti da sottoporre:
1) permessi legge 104/1992 di cui all’art. 24 del Dl 18/2020: i 12 giorni previsti in più per i mesi di marzo ed aprile spettano anche ai dipendenti disabili?
2) esenzione dal lavoro di cui all’art. 87 del Dl 18/2020: è sostenibile una programmazione di presenze/assenze in cui vengono miscelate, nell’arco della settimana, giorni in presenza in servizio (dipendente che deve dare da mangiare ad animali vivi e curare piante particolari, posto che noi abbiamo un museo con orto botanico ed animali) con giorni in esenzione?
Con riferimento al primo dei quesiti posti, si ritiene che la fruizione dell’estensione temporale dell’istituto di cui all’art. 33, comma 3, della legge 104/1992 disposto dall’art. 24, comma 1, Dl 17.3.2020, n. 18, debba essere riconosciuta in attuazione delle medesime modalità applicative che regolano l’impiego di tale istituto legale, come recate dal richiamato art. 33, comma 3. L’intervento delle misure di urgenza operato con il citato art. 24, comma 1, infatti, determina una mera estensione dell’unità temporale del possibile godimento del beneficio, non mutandone, pertanto, la configurazione giuridica e la conseguente portata applicativa che, infatti, restano immutate in quanto connesse al medesimo istituto legale. Da ciò discende, pertanto, che tale ampliamento del permesso non attenga esclusivamente all’assistenza di terzi disabili, come indicati dal comma 3 dell’art. 33, legge 104/1992, bensì afferisca anche all’ipotesi in cui il beneficiario, lavoratore dipendente, sia esso stesso il destinatario dell’assistenza fornita, in applicazione delle previsioni recate dal comma 6 del medesimo art. 33 (cfr.: “6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3 (…)”). Tale posizione, infatti, appare fatta propria anche dalla recente circolare Inps n. 45 del 25 marzo u.s., con la quale l’Istituto previdenziale, fornendo istruzioni sulla cumulabilità dell’astensione dal lavoro, riconosce espressamente la fruibilità di tale estensione temporale del permesso anche a beneficio dello stesso lavoratore disabile (cfr.: “(…) il lavoratore disabile che assiste altro soggetto disabile, potrà cumulare, per i mesi di marzo e aprile 2020, i permessi a lui complessivamente spettanti (3+3+12) con lo stesso numero di giorni di permesso fruibili per l’assistenza all’altro familiare disabile (3+3+12).”). In relazione all’ulteriore quesito formulato dall’ente, inoltre, si ritiene che vi sia compatibilità tra l’esenzione lavorativa di cui all’art. 87, comma 3, secondo periodo, Dl 18 del 17.3.2020, considerato periodo di servizio a tutti gli effetti, e la presenza del dipendente sul luogo di lavoro, ancorché frazionata in ore o in giorni, al fine di attendere ad esigenze indifferibili correlate al sostentamento ed alla cura di animali custoditi in apposito giardino destinato alla tutela del patrimonio faunistico e di piante esotiche coltivate in idoneo orto botanico. Tale attività combinata, resa nell’alternanza tra stato di esonero dal lavoro e presenza effettiva sul luogo dello stesso, pare del tutto conciliabile con le misure limitative di contrasto alla pandemia da COVID-19, atteso che, da un lato, laddove sussistano tutte le condizioni prescritte dall’ordinamento emergenziale, in particolare dal richiamato comma 3 dell’art. 87, il lavoratore risulta ordinariamente esonerato dalla presenza sul luogo lavorativo, mentre, dall’altro lato, allo stesso è imposta la presenza sul posto lavorativo, anche se non con carattere di continuità e permanenza, nel momento in cui debba assolvere a funzioni e servizi di comprovata necessità ed indifferibilità, in coerenza con quanto disposto dall’art. 1, comma 1, let. a), Dpcm 8.3.2020, la cui misura limitativa è stata estesa a tutto, indistintamente, il territorio nazionale, in particolare per quanto attiene alla necessità di evitare ogni spostamento di persone fisiche in entrata e in uscita dai territori comunali di presenza, residenza o domicilio, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità che, a buon titolo, possono presentare natura episodica e non necessariamente continuativa.


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