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Coronavirus: personale, iter in tre mosse per assenze e smart working
La gestione delle risorse umane in periodo di emergenza deve seguire un iter ben preciso, preannunciato nel D.P.C.M. dell'11 marzo e recepito dal Decreto "Cura Italia": ecco le fasi dell'iter

di TIZIANO GRANDELLI e MIRCO ZAMBERLAN (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

La gestione delle risorse umane in periodo di emergenza deve seguire un iter ben preciso, preannunciato nel D.P.C.M. dell’11 marzo e recepito in toto dal decreto «Cura Italia». La prima fase prevede l’individuazione dei lavori indifferibili, vale a dire quelle attività che non possono essere rimandate. Questa caratteristica è però mutabile nel tempo: un lavoro oggi differibile in quanto legato a una scadenza di fine mese, fra una settimana diventa indifferibile. Quindi la valutazione è oggetto di revisione continua. All’interno dei lavori indifferibili è necessario individuare quali attività debbano essere rese sul luogo di lavoro. Infine, per i lavori indifferibili che sono da eseguire nel luogo di lavoro, si devono individuare i dipendenti strettamente necessari per la loro esecuzione in questo periodo di emergenza, che non necessariamente coincidono con i dipendenti assegnati. Nella seconda fase vanno identificati i servizi che non possono essere resi con lo smart working. Quest’ultimo infatti rappresenta la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, pertanto è necessario procedere per eccezioni, motivando analiticamente la loro esclusione dal lavoro agile.

Per l’attivazione dello smart working nella forma semplificata prevista dal decreto è richiesta una regolamentazione interna che ne disciplini gli aspetti gestionali quali: l’individuazione del soggetto che fornisce gli strumenti informatici necessari e ne sopporta le spese (il dipendente o l’amministrazione), come si individuano gli obiettivi assegnati, il diritto di disconnessione del dipendente, al quale, in ogni caso, non può essere imposto il rispetto di un determinato orario di servizio. La terza fase comporta, per i dipendenti non coinvolti nelle prime due fasi, il ricorso a istituti contrattuali che giustifichino l’assenza. Il decreto «Cura Italia» menziona, in primis, le ferie pregresse. Si ricorda che è nei poteri del datore di lavoro assegnare le ferie anche quando il dipendente non ne faccia richiesta ovvero si dichiari contrario. La norma prevede poi l’utilizzo del congedo, anche se non specifica di quale tipologia si tratti: si potrebbe pensare a quello istituito a favore dei genitori con figli piccoli.

Prosegue disponendo il ricorso alla banca delle ore, alla rotazione e ad altri istituti analoghi. L’ultima fase comporta l’esenzione dal lavoro. È residuale, in quanto vi si può far ricorso solo quando, esperite le prime tre, il datore di lavoro non è riuscito a giustificare la presenza ovvero l’assenza del dipendente. È anche la più delicata in quanto il servizio esentato è parificato, a tutti gli effetti di legge, a quello prestato, con conseguente riconoscimento dell’intera retribuzione, con eccezione dell’indennità sostitutiva di mensa. L’esenzione deve essere accompagnata da una robusta motivazione, in assenza della quale il soggetto che l’ha disposta può essere chiamato a rispondere del danno erariale.Trattandosi di gestione del rapporto di lavoro, si ritiene che tutti gli atti da assumere, compresa la regolamentazione interna del lavoro agile, possano essere di competenza dei dirigenti ovvero, in loro assenza, dei responsabili di servizio.


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