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Illegittimo il concorso per funzionari non dirigenti che richiede altri titoli oltre la laurea
Analisi della sentenza del Consiglio di Stato n. 590/2020

di MICHELE NICO (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

È illegittima la scelta della Pa di prevedere ulteriori titoli di studio, rispetto a quello del diploma di laurea, nel bando di concorso per l’accesso ai profili professionali di funzionario privo di qualifica dirigenziale. Questo il principio affermato dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 590/2020.

Il fatto
La vicenda ha preso le mosse dall’esclusione di un partecipante al concorso pubblico indetto dal ministero dei Beni e delle attività culturali per l’assunzione di 500 funzionari da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale. Il bando richiedeva ai candidati non solo la laurea specialistica o magistrale (o altro titolo equipollente) in materia di archivistica e biblioteconomia, ma anche il possesso di un diploma di specializzazione, ossia il dottorato di ricerca o un master universitario di II livello di durata biennale. Il candidato che ha proposto il ricorso era stato escluso per «carenza del titolo di accesso», perché in possesso di un master di II livello di durata annuale, anziché di durata biennale come richiesto dal bando. Dopo la pronuncia cautelare del Tar Lazio nel novembre del 2016, il concorrente era stato ammesso con riserva alle prove della procedura selettiva e si era utilmente collocato in graduatoria, tanto da stipulare nel 2017 il contratto di lavoro con il ministero in qualità funzionario bibliotecario. Successivamente il Tar Lazio, con la sentenza n. 6223/2018, ha rigettato il gravame e il concorrente ha presentato ricorso al Consiglio di Stato.

Le censure dei giudici
Le argomentazioni addotte in sede di riesame hanno fatto leva, innanzitutto, sull’articolo 2, comma 6, del testo unico dei pubblici concorsi, secondo cui «per l’accesso a profili professionali di ottava qualifica funzionale è richiesto il solo diploma di laurea». La chiarezza testuale del dato normativo sarebbe stata da sola sufficiente per accertare una violazione di legge in ordine ai criteri di ammissione del bando in esame, nonché per dirimere la controversia in senso favorevole al ricorrente. La Sezione ha comunque integrato la motivazione della pronuncia con ulteriori richiami giurisprudenziali, chiarendo preliminarmente che il potere discrezionale della Pa nell’individuare la tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione a una procedura selettiva deve essere esercitato tenuto conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire. Citando la pronuncia della Sezione V n. 2098/2015 i giudici hanno osservato che «in assenza di una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico, la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà». Sotto questo profilo, il collegio ha riscontrato un’immotivata ed eccessiva gravosità dei criteri del bando impugnato rispetto all’interesse pubblico perseguito. Di qui l’assenza di ragioni per pretendere in capo ai concorrenti il possesso di titoli ulteriori rispetto al diploma di laurea, il quale si palesa quale presupposto bastevole e adeguato in rapporto allo specifico profilo di funzionario messo a concorso.


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