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PA, salva-stipendi per le assenze obbligate dall'emergenza Coronavirus
Nuovo focus sulla direttiva n. 1 della Funzione Pubblica

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Nel secondo decreto Coronavirus dovrebbe trovare spazio una norma salva-stipendi per i dipendenti pubblici costretti all’assenza dagli effetti collaterali dell’emergenza sanitaria. I tecnici sono al lavoro per costruire la veste giuridica alla nuova regola, in vista dell’approvazione del decreto che potrebbe arrivare al consiglio dei ministri atteso sabato, ma il principio è chiaro. E punta a dare una copertura alle amministrazioni per riconoscere integralmente le giornate di lavoro, sia sul piano retributivo sia su quello contributivo, che sono saltate per la sospensione dei servizi, senza costringere i dipendenti a ferie o permessi o alla malattia che taglia la parte accessoria della busta paga. Il problema riguarda prima di tutto gli insegnanti e gli educatori comunali, per i quali non scatta la tutela automatica in caso di sospensione del servizio come accade ai professori e al personale scolastico dipendente dal ministero.

Ma l’anarchia amministrativa che nei primi giorni di questa settimana ha portato a chiusure di uffici e sospensioni di servizi decisi in maniera autonoma qua e là per l’Italia ha moltiplicato la platea potenzialmente interessata dal provvedimento, che si estende anche ai dipendenti che abitano nelle zone rosse e a causa della quarantena non hanno potuto raggiungere la propria sede di lavoro. In tutti questi casi, come sa chi ricorda il caos seguito all’emergenza neve del 2012, le amministrazioni non potrebbero riconoscere lo stipendio ai propri dipendenti, e dovrebbero costringerli a utilizzare permessi retribuiti e ferie (quando ci sono). La norma in arrivo punterà esattamente a evitare questo passaggio. Perché le ricadute del virus, o meglio della gestione pubblica dell’emergenza, non possono essere affrontate solo con le norme di comportamento. E la direttiva diffusa ieri mattina dalla Funzione pubblica lo conferma. Gli enti pubblici fuori dalle zone rosse devono «assicurare la normale apertura degli uffici e il regolare svolgimento delle proprie attività istituzionali».

E per ottenere il risultato, le 4 pagine costruite insieme al ministero della Salute e firmate dalla titolare della Pa Fabiana Dadone dispensano qualche istruzione operativa, alcune indicazioni di buon senso e un po’ di petizioni di principio. Al primo gruppo appartengono le istruzioni sui concorsi. Almeno per quelle amministrazioni che hanno avviato le procedure ma non hanno ancora pubblicato il calendario delle prove: per loro il consiglio è di «valutare» insieme all’Asl del territorio l’opportunità di riprogrammare il tutto in attesa di tempi migliori.
Chi invece ha già diffuso le date delle selezioni deve comunicare a sindaci e presidenti di Regione, titolari dei poteri di ordinanza, date e sedi delle prove e numero e provenienza dei partecipanti. E deve provare a «ridurre i contatti ravvicinati fra i candidati, garantendo comunque la distanza di sicurezza durante la fase dell’accesso e dell’uscita dalla sede, dell’identificazione e dello svolgimento delle prove». Ma questa «distanza di sicurezza» tra le persone sembra parecchio complicata da tradurre in pratica. Tanto è vero che per convegni, corsi ed eventi pubblici in genere è la stessa direttiva a consigliare di soprassedere: per quelli che il linguaggio di Palazzo Vidoni chiama gli «eventi aggregativi» è meglio ricorrere alle videoconferenze. La tecnologia viene in aiuto anche per il lavoro a distanza, che la direttiva chiede di incentivare soprattutto per i dipendenti che hanno patologie o sono costretti al pendolarismo con i mezzi pubblici. Ma è ovvio che per chi non è organizzato il telelavoro non si può inventare da un giorno all’altro.


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