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Milleproroghe verso la conversione: dirigenti PA, tornano i redditi online ma solo per pochi
Gli obblighi di trasparenza sulle dichiarazioni fiscali dei dirigenti pubblici tornano in vigore, ma solo per un gruppo ristretto di persone che occupano i ranghi più alti dell’amministrazione centrale

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Togli i redditi, metti i redditi, togli i redditi. Gli obblighi di trasparenza sulle dichiarazioni fiscali dei dirigenti pubblici tornano in vigore, ma solo per un gruppo ristretto di persone che occupano i ranghi più alti dell’amministrazione centrale: si tratta dei segretari generali dei ministeri e dei titolari di incarichi di direzione di strutture articolate (conferiti con Dpr) e di funzione dirigenziale di livello generale (che arrivano con decreti di Palazzo Chigi). Per gli altri, bisognerà aspettare la riforma di questo capitolo dell’anticorruzione, da scrivere entro l’anno: ma anche per loro, in teoria, la trasparenza potrebbe tornare in formula piena, perché salta l’ipoteca che escludeva a priori l’obbligo di pubblicare le dichiarazioni fiscali.

L’ultimo giro di valzer sulla trasparenza dei dirigenti pubblici arriva da un emendamento promosso dall’ex ministra della Pa Marianna Madia al Milleproroghe e approvato lunedì sera. Il correttivo modifica la sospensione generalizzata degli obblighi di pubblicazione prevista dal testo originario del Milleproroghe (articolo 1, commi 7 e seguenti) e sembra voler venire incontro almeno in parte alle bordate arrivate nei giorni scorsi dall’Anac, che con una segnalazione al Parlamento si era scagliata contro lo stop. Ma la novità è solo una premessa, perché la partita della trasparenza pubblica rimane aperta. In attesa, da ormai sette anni, di una soluzione definitiva.

Impossibile proporre un riassunto delle troppe puntate precedenti. Basta ricordare che l’ultima (finora) sequenza di questo film nasce con la sentenza 20/2019 della Corte costituzionale, che accogliendo le obiezioni sollevate dai dirigenti del Garante privacy ha bocciato l’obbligo generalizzato di pubblicare le dichiarazioni dei redditi imposto a tutti i 150mila dirigenti pubblici (medici compresi) dall’articolo 14, comma 1, lettera f) della legge Severino (Dlgs 33/2013). Imporre lo stesso obbligo di pubblicare le dichiarazioni dei redditi a tutti, dal dirigente apicale che tiene le redini di un grande ministero al funzionario di un piccolo Comune, per i giudici delle leggi non regge al «test di proporzionalità» che Costituzione alla mano deve guidare le norme quando fissano degli obblighi.
La sentenza è del gennaio 2019, e da allora le Pa sono andare in ordine sparso fino allo stop del Milleproroghe. Che ora cambia anche nelle indicazioni sulla futuribile riforma che dovrà dettare le regole anche per i dirigenti non apicali.

Perché la riforma non «dovrà» più, come prescriveva il Milleproroghe originario, ma «potrà» prevedere che le dichiarazioni fiscali siano solo comunicate all’amministrazione di appartenenza e non pubblicate. La scelta, insomma, rimane aperta, anche se dovrà provare a modulare le richieste in base alla «complessità della struttura» guidata dal dirigente. Con un’eccezione, che blinda ancora di più la privacy di una serie di dirigenti al Viminale, al ministero degli Esteri, nella Polizia, nelle Forze armate e nell’Amministrazione penitenziaria. Per loro, l’esclusione dalla trasparenza potrà arrivare subito con decreti dei ministri competenti, senza aspettare la riforma generale. Che, visti i precedenti, non si sa se e quando arriverà.


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