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Assunzioni e addio al turn over, ecco la salvaguardia per le procedure già avviate
I Comuni che hanno avviato le procedure per le assunzioni in base alle vecchie regole potranno portarle al traguardo senza inciampare nella riforma che manda in soffitta il turn over: l'ok della Conferenza Stato-CIttà

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

I Comuni che hanno avviato le procedure per le assunzioni in base alle vecchie regole potranno portarle al traguardo senza inciampare nella riforma che manda in soffitta il turn over. L’assicurazione è arrivata ieri mattina dal governo nella Conferenza Stato-Città. E sarà tradotta in una circolare applicativa che vedrà la luce nelle prossime settimane per chiarire i tanti aspetti ancora incerti collegati alla riforma delle assunzioni. Un pizzico di storia serve a far capire il problema e le eventuali vie d’uscita. Il decreto crescita dello scorso anno (Dl 34/2019) all’articolo 33 prova quella che nelle intenzioni del governo di allora, e di quello attuale, dovrebbe essere una rivoluzione copernicana nelle regole per le assunzioni dei Comuni.

Addio al turn over, che misura i nuovi ingressi in base ai risparmi ottenuti con le uscite dell’anno prima, e possibilità assunzionali parametrate sullo stato dei conti comunali, in base al principio che chi ha entrate più solide ha più possibilità di sostenere la spesa fissa per il personale. Un cambio di rotta che secondo le prime stime governative dovrebbe produrre a regime fino a 40mila nuovi posti negli organici degli enti locali. La norma rimane in sonno per molti mesi fino a che, a dicembre, arriva l’intesa sul decreto attuativo. E con la bozza cominciano a emergere le prime incognite. Il decreto fissa le soglie di virtuosità, basate sul rapporto fra entrate stabili e spese di personale, per dividere i Comuni in tre famiglie: quelli che spendono meno, e che possono accelerare sulle assunzioni, quelli mediani, che devono tenere sotto controllo la situazione, e quelli che spendono troppo e che devono mettere in campo le misure per rientrare nei ranghi.

Il problema sorge soprattutto per la seconda fascia, che raggruppa la maggioranza degli enti. Per una serie di effetti collaterali sui calcoli, a partire da un concetto di «spesa di personale» più ampio, per molti Comuni le nuove regole sarebbero peggiorative rispetto alle attuali; e l’incertezza sull’entrata in vigore delle nuove regole rischia di determinare una paralisi anche nelle assunzioni già avviate. Anche perché la riforma cancellerebbe la possibilità di sfruttare i «resti assunzionali», cioè gli spazi di turn over inutilizzati negli anni precedenti. Di qui l’idea del salvagente arrivata ieri dal governo in Conferenza Stato-Città.

Il decreto attuativo della riforma è all’ultimo giro di boa prima della Gazzetta Ufficiale. Ma il testo finale dovrebbe indicare una decorrenza posticipata, probabilmente al 20 aprile secondo quanto riferito dagli amministratori locali. La mossa sarebbe accompagnata dalla salvaguardia delle procedure già avviate: per sfruttare la finestra non sarà sufficiente aver previsto le assunzioni nei documenti di programmazione, ma bisognerà aver avviato almeno i primi passi dell’iter per il reclutamento vero e proprio. Il tutto in attesa di una circolare che si annuncia impegnativa, perché dovrà chiarire i tanti aspetti ancora incerti sui calcoli da effettuare per dividere gli enti virtuosi da quelli che non lo sono.


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