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Insegne pubblicitarie, legittimo lo stop del Comune se diventano troppe
L'amministrazione può decidere lo stop anche se le distanze sono rispettate e in precedenza il permesso era stato concesso

di FRANCESCO MACHINA GRIFEO (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Ampia discrezionalità del comune nel concedere il permesso all’installazione dell’insegna pubblicitaria sul bordo della strada. Qualora infatti l’affollamento delle insegne, a causa per esempio del proliferare della attività commerciali, rischi di distrarre l’automobilista o comunque di ridurne il campo visivo, limitando così la visuale dei cartelli stradali, l’amministrazione può decidere lo stop anche se le distanze sono rispettate e in precedenza il permesso era stato concesso. Lo ha stabilito la Prima Sezione del Tar Friuli Venezia Giulia, sentenza n. 9/2020, respingendo il ricorso presentato da una srl contro il diniego del comune.

La vicenda riguardava un tratto della strada provinciale “Tresemane” (in provincia di Udine), «viabilità principale di scorrimento con rilevante traffico veicolare», su cui si affacciano «molteplici attività imprenditoriali» e «altrettante, collegate, installazioni di forme pubblicitarie su suolo privato». Secondo l’Ufficio di Polizia locale «nella prospettiva del conducente alla guida emerge la stratificazione dei mezzi pubblicitari e dei relativi messaggi a coprire larga parte dell’arco rappresentato dai 120° del campo visivo del conducente». Il municipio ha dunque affermato che «il mantenimento dell’installazione sulla fascia di pertinenza stradale, avrebbe interferito con le esigenze della sicurezza del traffico veicolare, anteponendosi visivamente alla segnaletica verticale». Contro questa decisione ha proposto ricorso l’azienda. Il Tar ricorda che l’Amministrazione «è tenuta ad una valutazione autonoma, connotata da ampia discrezionalità tecnica, la quale non è influenzata né dal contenuto dei precedenti atti autorizzativi, né dall’affidamento che l’interessato abbia riposto sul rilascio del nuovo provvedimento favorevole, trattandosi di una aspettativa di mero fatto inidonea ad interferire con gli interessi pubblici (tra i quali, ad es., la sicurezza stradale)». Il diniego, dunque, si giustifica per la «pericolosità» nella circolazione «insita nella permanenza del mezzo pubblicitario sulla fascia di pertinenza stradale, tale da costituire un ostacolo alla visuale degli automobilisti». Una condizione che anche alla luce «dell’incremento di traffico registratosi nella zona, si pone evidentemente in aperto contrasto con le disposizioni del Codice della Strada». Né conta il fatto che le distanze legali, nel caso specifico, sarebbero state rispettate, essendo prevalenti le considerazioni sulla «pericolosità dell’installazione e l’interferenza con la circolazione stradale».

La Corte ricorda infatti che «la collocazione sugli spazi destinati alla circolazione veicolare, così come sugli spazi a questi adiacenti, di fonti di captazione o disturbo dell’attenzione dei conducenti e di consequenziale sviamento dall’unica ed essenziale funzione al momento commessale – che è unicamente la guida del veicolo – è soggetta a procedimento autorizzatorio». E l’autorizzazione può essere negata quando, a giudizio dell’ente gestore della strada, «l’insegna rivesta carattere prettamente pubblicitario e, comunque, arrechi disturbo visivo agli utenti, distraendone l’attenzione con conseguente pericolo per la circolazione». In questa decisione l’amministrazione gode di «ampia discrezionalità» (Tar Emilia Romagna, sede di Parma, n. 5/2018). Bocciato infine anche il secondo motivo di ricorso che chiedeva l’annullamento del diniego in quanto non firmato dal responsabile del procedimento. In assenza di un’espressa devoluzione in suo favore, conclude la decisione, «la relativa competenza va assegnata al soggetto che, nell’ambito dell’organizzazione del Comune, risulta preposto alla gestione amministrativa, ossia al dirigente ovvero, come avvenuto nella fattispecie in esame, al responsabile del servizio».


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