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Spese di rappresentanza, veto della Corte dei conti sullo sforamento dei limiti
Le spese dirette a promuovere la conoscenza e le modalità di fruizione dei servizi pubblici da parte della collettività sono da considerare "spese di rappresentanza"

di AMEDEO DI FILIPPO (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Le spese dirette a promuovere la conoscenza e le modalità di fruizione dei servizi pubblici da parte della collettività sono da considerare «spese di rappresentanza», per cui sono sostenibili nei limiti fissati dall’articolo 6, comma 8, del Dl 78/2010. Lo afferma la sezione regionale di controllo per il Piemonte della Corte dei conti con la delibera n. 73/2019.

Il quesito
Un sindaco ha chiesto alla Corte se ricorrano le limitazioni stabilite dall’articolo 6, comma 8, del Dl 78/2010 qualora l’ente partecipi, attraverso l’erogazione di un contributo a parziale copertura delle spese, a un progetto presentato da un’associazione del territorio nell’ambito di un bando ad evidenza pubblica volto alla realizzazione di un periodico di informazione rivolto alla comunità in cui sia previsto uno spazio dedicato alle notizie che promuovono alcune comunicazioni dell’ente di interesse pubblico. Il comma 8 dell’articolo 6 vieta alle amministrazioni pubbliche di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza per un ammontare superiore al 20% della spesa sostenuta nel 2009 per le medesime finalità. L’articolo 22, comma 5-quater, del Dl 50/2017 ha escluso l’applicazione del tetto alle spese per la realizzazione di mostre effettuate da Regioni ed enti locali o da istituti e luoghi della cultura di loro appartenenza, al fine di favorire lo svolgimento delle funzioni di promozione del territorio, dello sviluppo economico e della cultura in ambito locale.

I criteri
Nel parere, i giudici contabili della sezione Piemonte hanno richiamato una deliberazione del 2011 con cui le sezioni riunite in sede di controllo hanno precisato che l’esclusione dal novero delle spese soggette a limitazione può essere assentita per le sole forme di pubblicità previste dalla legge come obbligatorie. Non sono invece escluse quelle relative alla pubblicità istituzionale, perché questo porterebbe a privare il precetto della finalità di risparmio a cui mira, in ragione principalmente dell’ampiezza delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni e dell’assenza per gli enti locali di specifiche direttive e di programmazione a livello centrale, come invece accade per le amministrazioni dello Stato a opera della Presidenza del Consiglio. Quanto al vincolo del comma 8 dell’articolo 6, tra le spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza non vi rientrano quelle legate ad attività connesse a competenze proprie dell’ente ovvero a specifici programmi diretti al perseguimento di particolari e predeterminate finalità sviluppati nel corso degli anni in settori di propria competenza. Vi rientrano, invece, le spese riconducibili alle relazioni pubbliche o alla rappresentanza, svolte in modo episodico e comunque al di fuori di uno specifico programma che rientri nelle competenze dell’ente locale.

La pubblicità
Tra le spese di pubblicità, si legge nel parere, vanno considerate anche quelle dirette a promuovere la conoscenza dell’esistenza e delle modalità di fruizione dei servizi pubblici da parte della collettività (pubblicità istituzionale), escludendo dalla limitazione le sole forme di pubblicità previste dalla legge come obbligatorie. In nulla incide la circostanza che la spesa sia sostenuta sotto forma di contributo ad un’associazione territoriale, in quanto non muta la natura della stessa spesa, di cui si dovrà valutare, ai fini della sua corretta qualificazione, l’effettivo impiego, anche se avviene per il tramite di altro organismo.


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