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Dirigenti, dal nuovo contratto 273 euro in più
Il quadro disegnato dal contratto dei dirigenti della PA centrale firmato ieri si configura molto articolato, nelle cifre e nei contenuti

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Il riassunto parla di un aumento medio mensile intorno ai 273 euro lordi. Ma il quadro disegnato dal contratto dei dirigenti della PA centrale firmato ieri è molto più articolato: nelle cifre e nei contenuti. Ad arricchire il panorama c’è prima di tutto il fatto che per la prima volta finiscono sotto lo stesso tetto contrattuale i dirigenti dei ministeri, delle agenzie fiscali e degli enti pubblici non economici (Inps e Inail per esempio), che finora erano divisi. Questo passaggio, che attua uno dei punti più delicati dell’accorpamento delle aree dirigenziali voluto 10 anni fa dalla riforma Brunetta, ha allungato i tempi delle trattative. E ha prodotto un contratto articolato in più di 100 articoli.

L’intesa siglata ieri da Aran e sindacati riguarda circa 6.700 dirigenti pubblici, divisi in più famiglie. Per quelli al vertice delle strutture amministrative, cioè i 400 dirigenti «di prima fascia», gli aumenti lordi tutto compreso (tabellare e parti fisse e variabili della retribuzione aggiuntiva) sono da circa 497 euro nei ministeri, 523 nelle agenzie fiscali e 577 negli enti pubblici non economici. Per la seconda fascia, cioè la tipologia largamente più diffusa, le cifre di riferimento vanno invece dai 241 euro dei ministeri ai 288 delle agenzie per arrivare ai 318 degli enti pubblici. Nel contratto rientrano però anche i professionisti degli enti pubblici, che arrivano da una storia retributiva più contenuta e ottengono quindi dall’accordo una spinta più forte in vista dell’allineamento progressivo alla dirigenza: per loro la firma di ieri vale fra i 285 e i 311 euro. A chiudere l’elenco ci sono i circa 500 dirigenti medici del ministero della Salute (non sono i medici della sanità, che il loro contratto l’hanno già chiuso), che ottengono fra i 194 e i 221 euro. Ma la prima manifestazione pratica del contratto, una volta che avrà superato l’esame di Mef e Corte dei conti, sarà l’una tantum degli arretrati. Perché l’intesa riguarda il 2016/2018, e porta con sé il recupero del passato: l’una tantum varrà intorno ai 5mila euro (gli aumenti sono progressivi negli anni, e per 2016 e 2017 si calcolano solo sul tabellare), e arriverà tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. I numeri non esauriscono però i contenuti del nuovo contratto, che come sottolinea il neopresidente dell’Aran Antonio Naddeo «prevede anche delle innovazioni nelle regole, con ferie solidali o congedi per chi è vittima di violenza». I sindacati, Cgil, Cisl Uil e Unadis, dal canto loro sottolineano soprattutto le salvaguardie per gli incarichi, che dal tentativo di riforma targato Madia hanno dominato il dibattito sulla dirigenza pubblica.

Il nuovo contratto stabilisce il diritto all’incarico per il dirigente, e ridisciplina le salvaguardie per chi nelle riorganizzazioni amministrative finisce in una casella caratterizzata da una retribuzione di posizione inferiore a quella di partenza: il vecchio stipendio andrà di fatto mantenuto fino alla scadenza originaria del contratto, e poi si prevede un decalage nei due anni successivi. Ma l’intesa si occupa anche dei nuovi incarichi, con una dose di trasparenza nelle procedure: si rinforzano gli obblighi per le amministrazioni di pubblicare preventivamente i posti che si rendono disponibili e di raccogliere le disponibilità alle candidature, per evitare il più possibile la formazione di mercati opachi dei posti dirigenziali. La firma di ieri permette di «riprendere un percorso di valorizzazione della dirigenza» secondo la ministra della Pa Fabiana Dadone, che ieri rispondendo al question time alla Camera si è occupata parecchio di personale pubblico, in particolare degli enti locali. La titolare della Funzione pubblica ha assicurato la ripresa immediata del confronto con gli enti locali per i decreti attuativi del Dl crescita, in cui si prevede la sostituzione del turn over con una serie di parametri che misurano le possibilità di assunzione in base a dimensione e condizioni finanziarie dell’ente (circa 40mila assunzioni in più previste). In vista anche l’accelerazione del corso-concorso per i segretari comunali, che oggi sono meno di 4mila a fronte di 8mila Comuni.


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