MAGGIOLI EDITORE - La Gazzetta degli Enti Locali


Peculato al dirigente della società in house che utilizza le risorse aziendali per pagare le multe dei dipendenti
Riflessioni a margine della sentenza della Corte di Cassazione (Penale) n. 38260/2019

di PAOLA ROSSI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Gli amministratori di società in house sono imputabili per peculato se utilizzano di propria iniziativa le risorse economiche societarie per pagare sanzioni pecuniarie finalizzate a evitare le conseguenze penali per violazioni in materia di lavoro, sicurezza e tutela ambientale commesse da dipendenti. E non può il dirigente, che ha provveduto al pagamento – in assenza di qualsiasi delibera formale – difendersi dall’accusa sostenendo di aver agito a tutela di interessi superiori dell’ente rispetto alle posizioni personali oggetto delle sanzioni pecuniarie. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 38260/2019 depositata ieri, ha di fatto chiarito che l’amministratore non può difendersi sostenendo che il fine degli esborsi era quello di evitare il coinvolgimento dell’ente e perseguire la via più veloce al fine di evitare ulteriori danni e maggiori esborsi.

Le violazioni in materia di lavoro e sicurezza o di tutela ambientale per cui la legge commina sanzioni pecuniarie non di origine amministrativa, ma di natura penale. Nel caso in esame si trattava, infatti, di contravvenzioni per le quali è prevista la possibilità di evitare il processo penale attraverso il pagamento di sanzioni pecuniarie. Scansare tali conseguenze processuali e il coinvolgimento dell’ente per responsabilità dei dipendenti nello svolgimento delle loro mansioni, anche solo in termini di immagine, sarebbe il fine dichiarato con cui il dirigente dell’area bilancio e finanze della società in house ha cercato di difendere il proprio operato dall’accusa di peculato. Inoltre, sosteneva il ricorrente che non aveva appreso denaro dalla casse, cioè risorse pubbliche, per fini personali , ma a vantaggio di altri manager o capisquadra incappati nei reati contravvenzionali previsti dai testi unici in materia di lavoro e ambiente. Cioè non vi era appropriazione, ma distrazione di denaro pubblico. E la Cassazione coglie l’occasione per ribadire che la distrazione ben può integrare il reato di peculato in quanto consiste in una condotta proprietaria illegittimamente assunta dall’agente che toglie dal fine pubblico le risorse.

Il ricorrente contestava la misura cautelare del sequestro affermando che fosse interesse dell’ente evitare le conseguenze degli illeciti connessi nell’ambito dell’attività di servizio pubblico svolto in house e sosteneva di esservi specificatamente autorizzato in base a una delibera di cui è stata accertata l’inesistenza. Tale inesistenza ha comportato l’ulteriore imputazione per il reato di falso di chi era di fatto un pubblico ufficiale. La Cassazione spiega, infatti, che la possibilità di effettuare tali forme di pagamenti non è esclusa a priori, ma può essere pienamente legittimata dalla deliberazione dell’ente che la ritiene utile a tutela della compagine societaria.


www.lagazzettadeglientilocali.it