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Intesa Lega-M5S: più ampia la riforma del Codice Appalti
Asciugata la sospensione biennale voluta dalla Lega, torna la revisione a tutto campo con il regolamento generale e lo stop alle linee guida dell'ANAC. Tetto del subappalto al 40%

di MAURO SALERNO e GIORGIO SANTILLI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

C’è l’intesa fra Lega e M5S sul codice degli appalti, dopo una notte di tensioni in cui si è rischiata la crisi di governo. L’accordo sull’articolo 1, che sarà depositato stamattina, si basa sull’emendamento leghista (a firma Pergreffi) di sospensione per due anni del vecchio codice del 2016 asciugato di alcune norme e integrato di un lungo subemendamento M5S (a firma Patuanelli) che recupera anche il testo approvato dalle commissioni Lavori pubblici e Ambiente.
Una sintesi che consente di tenere insieme la riforma del codice che piaceva ai Cinque stelle – compreso il pilastro del nuovo regolamento generale in sostituzione delle linee guida Anac e dei decreti ministeriali – e la bandiera leghista della sospensione biennale del vecchio codice. Un po’ intervento urgente, sia pure parziale, un po’ riforma vasta e a tutto campo.

In questo assetto, che potrebbe ancora essere limato su aspetti secondari, non mancano sorprese. La prima riguarda la quota del subappalto, uno degli aspetti più delicati. Non passa l’idea della Lega di liberalizzare completamente i subaffidamenti e si torna alla versione varata in commissione, con tetto massimo fissato al 40%. Si tratta di un livello di compromesso tra il 30% del codice e il 50% stabilito dal decreto sblocca cantieri in vigore dal 19 aprile. La vera novità però è che non si tratterà di un cambio definitivo, ma temporaneo. La soglia del 40% resterà in vigore fino a che non arriverà una riforma complessiva del codice del 2016 e comunque non oltre il 31 dicembre del 2020. A decidere la percentuale applicabile (tra zero e 40%) potranno essere le stazioni appaltanti decidendo volta per volta con i bandi di gara. Addio anche all’obbligo di nominare una terna di subappaltatori, sia per i piccoli che per i grandi lavori.

Restano in piedi tre delle misure di sospensione del codice previste nell’emendamento presentato dalla Lega, su cui erano scoppiate le polemiche dei giorni scorsi. La prima riguarda la possibilità per tutti i Comuni, inclusi quelli di piccole dimensioni, di bandire le gare per beni, servizi e la vori completamente in proprio, senza passare da una centrale appalti. Salta così – almeno fino al 31 dicembre 2020 (ma poi non sarà facile tornare indietro) – l’obbligo di centralizzare le gare. Congelato per lo stesso periodo anche l’obbligo di servirsi di commissari indipendenti nominati all’interno di un albo gestito dall’Anac per valutare le offerte. Obbligo a dire il vero mai entrato in vigore, anche per la carenza di candidati. L’ultima sospensione delle regole attuali riguarda l’obbligo di affidare i lavori pubblici sulla base di un progetto esecutivo. Torna così l’appalto integrato, anche se forse con una formula che alla fine potrebbe rivelarsi addirittura più restrittiva di quella prevista nella finestra temporale concessa dal decreto già in vigore. Potranno essere affidate sulla base di un progetto meno dettagliato (definitivo invece che esecutivo) anche i lavori di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, che non riguardino impianti e parti strutturali degli edifici.

Tra le novità di matrice leghista va segnalato il ripristino del Collegio consultivo tecnico, un team composto da tre esperti (nominati dalle parti) che avranno il compito di risolvere le controversie nate in cantiere senza per forza arrivare in un aula di Tribunale. Una sorta di “arbitrato” in tempo reale, che all’epoca si era attirato le obiezioni del presidente dell’Anticorruzione Cantone.
Confermato anche il ritorno dell’affidamento diretto ibrido (consultazione di almeno tre imprese) per i lavori tra 40mila e 150mila euro e delle gare semplificate (procedure negoziate) per gli appalti fino a un milione di euro, con l’obbligo di invitare un numero crescente di imprese, in base all’importo della commessa.

Un altro punto delicato riguarda i criteri di aggiudicazione. L’intesa fa marcia indietro sull’obbligo (introdotto proprio dallo Sbloccacantieri) di aggiudicare i lavori di importo inferiore a 5,5 milioni al massimo ribasso, lasciando alle Pa la possibilità di valutare anche altri aspetti oltre al prezzo, senza obbligo di motivare questa scelta.
Non sarà cancellata, ma sarà almeno allentata la stretta sulle irregolarità fiscali e contributive non accertate in via definitiva, che aveva sollevato le proteste delle imprese. Per escludere dalle gare un concorrente su questa base bisognerà perlomeno che l’irregolarità sia «grave» e che sia contenuta «in atti amminsitrativi esecutivi». Spunta poi una norma a tutela delle Pmi: dovranno essere esclusi dal mercato degli appalti pubblici tutte le imprese riconosciute colpevoli di un «grave inadempimento nei confronti di uno o più subappaltatori». La violazione dovrà però essere accertata tramite una «sentenza passata in giudicato».


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