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IMU e TASI alla cassa ma i rincari slittano al saldo di dicembre
Tutte le novità sui rincari IMU e TASI, favoriti dalla rimozione dello stop ai rincari comunali prevista dall’ultima Legge di Bilancio

di DARIO AQUARO e CRISTIANO DELL’OSTE (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Fra tre settimane esatte i proprietari di seconde case, altri fabbricati, aree edificabili e terreni non esenti sono chiamati alla cassa per l’acconto Imu e Tasi 2019. Quello di lunedì 17 giugno (il 16 è domenica) è il primo appuntamento dopo che la legge di Bilancio ha rimosso lo stop ai rincari comunali, operativo dal 2016. La rilevazione del Sole 24 Ore del lunedì, alla vigilia dell’approvazione dei bilanci, ha individuato aumenti in arrivo nel 9,4% dei Comuni capoluogo per l’Imu e nel 2,4% per la Tasi. In realtà, la legge istitutiva dell’Imu – che si ritiene applicabile anche alla Tasi – afferma che i proprietari possono ignorare, almeno per ora, le delibere (e gli eventuali aumenti) decisi dai Comuni per quest’anno. Di fatto, la maggiore imposta può essere versata tutta in occasione del saldo del prossimo 16 dicembre, andando a conguaglio. Molte decisioni comunali, però, sono già pubblicate sul sito ufficiale del dipartimento delle Finanze e vale la pena di fare un rapido riscontro.

I proprietari più fortunati potrebbero imbattersi in qualche riduzione del prelievo (rara, e peraltro possibile anche negli anni scorsi). Le situazioni più frequenti riguardano sconti per le abitazioni affittate a canone concordato – che hanno anche lo sconto “statale” del 25% – e per particolari tipologie di immobili produttivi: botteghe storiche, negozi situati in centr0, locali usati direttamente dal proprietario o inseriti in zone industriali da rilanciare. Un aspetto delicato riguarda quei Comuni che – per semplificare la vita ai contribuenti – hanno eliminato la Tasi e aumentato l’Imu, così da “accorpare” due tributi in uno, spesso lasciando inalterato il tax rate complessivo. In questi casi, il proprietario può pagare l’acconto Imu con l’aliquota 2018 e andare a conguaglio con il saldo. L’importante è che tenga conto subito dell’abolizione della Tasi. Non sarà certamente una strada molto battuta, ma nulla vieta – in teoria – di tenere conto dei rincari decisi per il 2019 già in occasione della prima rata. Potrebbe essere un modo per evitare di fare due volte i conteggi quando gli importi in gioco sono particolarmente bassi (quote di comproprietà, porzioni di terreni, box auto o magazzini con rendite catastali modeste).

Un ultimo punto da monitorare sono le variazioni intervenute nei primi sei mesi di quest’anno, che – ferme restando tutte le altre variabili – possono modificare l’importo dovuto. Dimenticarsi di un cambio di residenza è piuttosto difficile, ma ci sono altre modifiche “minori” che potrebbero passare inosservate al momento dei conteggi. A partire dalla data di risoluzione del contratto di locazione, la casa rimasta sfitta potrebbe pagare con un’aliquota diversa da quella cui era soggetta quando c’era l’inquilino. Così come l’abitazione tenuta a disposizione che viene data in comodato a un figlio: anche se il proprietario non ha i requisiti per lo sconto “statale” del 50%, potrebbe beneficiare di eventuali aliquote ridotte previste a livello comunale. Uno sguardo anche ai terreni, che potrebbero aver acquisito o perso la qualifica di edificabilità. Nel secondo caso, il Comune non è obbligato a comunicare la variazione, che comporta in genere una netta riduzione dell’imposta dovuta.


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