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L'Ocse: Italia in stallo, "quota 100" va abrogata
Il Rapporto (preoccupante) dell'Organizzazione sull'Italia

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Nel 2019 «il Pil dovrebbe registrare una contrazione dello 0,2%»; «politica di bilancio espansiva e debole crescita faranno lievitare il disavanzo al 2,5%» e il debito al 134%. Sono le stime aggiornate dell’Ocse, contenute nel Rapporto sull’Italia. «L’economia è in stallo» ha detto il segretario dell’Organizzazione, Gurria. Nel mirino le riforme del governo: quota 100 da «abrogare» e il reddito di cittadinanza, giudicato roppo oneroso. E in un’intervista a Radiocor, Gurria ha poi criticato anche la flat tax: «Non è equa».
Il premier Conte ha espresso «forte dissenso»: stime pessimiste, sottostimano l’effetto delle misure espansive. Caustici i vicepremier Di Maio («l’Ocse non si intrometta,sappiamo cosa facciamo») e Salvini («le analisi Ocse mi scivolano addosso»). Per il ministro Tria il dato sul deficit sarà migliore: «Stiamo approvando misure per mantenerci in un’area di crescita positiva nel 2019». Ma cresce il pressing di M5S e Lega sul ministro, che ieri ha visto Conte, per discutere anche il caso Bugno. Il leader dei Giovani di Confindustria, Rossi: Def, sblocca-cantieri e Dl Crescita sono l’«ultimo banco di prova del Governo». a pag. 3

La crescita negativa per due decimali di Pil stimata dall’Ocse tre settimane fa porterà quest’anno il deficit italiano al 2,5%. E soprattutto gonfierà il debito fino al 134%. Sono questi ultimi due i numeri chiave scritti nel Country Report biennale sull’Italia presentato ieri a Roma dal segretario generale dell’Organizzazione Angel Gurria. Che punta dritto sulle due misure bandiera della manovra per provare a ridare fiato a un’economia «in stallo», e in un’intervista a Radiocor-Il Sole 24 Ore boccia anche il progetto di flat tax: «Non è progressiva e non è equa».

Quota 100 per l’Ocse andrebbe semplicemente «abrogata». Perché riduce l’occupazione, rischia di accrescere la disuguaglianza generazioniale e «farà aumentare il debito pubblico». Più articolato il giudizio sul reddito di cittadinanza: risponde a una giusta spinta anti-povertà, ma non tiene conto delle differenze di reddito fra Nord e Sud, ampliate dalla crisi, e rischia di incentivare il lavoro nero. Per l’Ocse andrebbe tagliato del 30-40%, destinando i risparmi ad aiuti per i lavoratori a basso reddito.

Un’entrata così nel cuore della politica economica giallo-verde finisce per allargare il solco che in questi giorni separa il ministro dell’Economia Tria dai leader di Lega e Cinque Stelle. Tria, nell’incontro pubblico con Gurria in Sala Ciampi al ministero, parla di «importante occasione di riflessione» e di «confronto utile». Dalla Lega Salvini ribatte invece al Country Report dicendosi «109.579 volte orgoglioso» di quota 100 perché «darà un lavoro sicuro a più di 100mila giovani italiani», scommettendo su un ambizioso rapporto 1 a 1 fra le domande di pensionamento presentate finora e le nuove assunzioni. Di Maio poi invita l’Ocse a «non intromettersi», e chiede ai tecnici «seduti su una scrivania lontano migliaia di chilometri» di «fare a casa loro» le «politiche di austerity» che consigliano per l’Italia. «Ma l’Ocse non parla di austerity», ribatte Tria a chi gli chiede se è d’accordo con il vicepremier M5S. Niente austerità ma la considerazione che «non ci sono le risorse per fare tutto quel che si desidera», spiega a Radiocor lo stesso Gurria. Oggi incontrerà il premier Giuseppe Conte, intenzionato a ribadire il «forte dissenso sulle stime» che «sottostimano completamente l’effetto positivo sul Pil delle misure espansive» della manovra.
Ma più delle dichiarazioni sono le cifre a inquadrare i problemi italiani, nel giorno in cui anche l’indice Pmi sull’attività manifatturiera a marzo è sceso ancora (a 47,4 dal 47,7 di febbraio), tocca il minimo da maggio 2013 e indica sposta ulteriormente il barometro verso la voce «recessione» per il primo trimestre 2019. Non è una situazione nuova per l’Italia, unico Paese sviluppato a non aver riagguantato il Pil pro capite del 2000 (ce l’ha fatta anche la Grecia, mentre gli altri viaggiano tra il +10% del Portogallo e il +28% della Svezia).

Il problema è che la nuova gelata congiunturale arriva con un debito già salito l’anno scorso al 132,1% del Pil, e in ulteriore impennata secondo l’Ocse. Al momento i numeri del governo sono un po’ meno pessimisti: parlano di una crescita tendenziale vicina allo zero, mentre il deficit nominale potrebbe attestarsi al 2,2-2,3% anche grazie al maxi-utile girato da Bankitalia. La frenata brusca dell’economia, anzi, gonfiando la componente ciclica del deficit potrebbe addirittura aprire la strada a un disavanzo strutturale (quello al netto di ciclo e una tantum) leggermente inferiore di quello concordato a dicembre. Ma sarebbe un “miglioramento” confinato alla meccanica contabile europea, senza riflessi sulla realtà del debito. La sua riduzione, assicura Tria, «rimane un obiettivo del governo»: obiettivo agganciato al piano di privatizzazioni da un punto di Pil promesso dal governo a fine dicembre.


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