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Selezione di personale, differenze di trattamento in base alla lingua solo per reali necessità di servizio
La sentenza della Corte di Giustizia UE ribadisce l'inammissibilità delle disparità di trattamento fondate sulla lingua

di DANIELA CASCIOLA (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesis s.r.l.

Nelle procedure di selezione del personale delle istituzioni dell’Unione europea, le disparità di trattamento fondate sulla lingua non sono ammesse. Lo ha deciso la Corte di Giustizia UE, con la sentenza nella causa C 377/16, precisando però che si può fare una eccezione per reali esigenze del servizio ma questa “disparità” deve essere proporzionata a quelle esigenze e motivata alla luce di «criteri chiari, oggettivi e prevedibili».

Il caso
Il giudizio ha origine dalla richiesta della Spagna alla Corte di annullare, per discriminazione linguistica, l’invito alla presentazione di candidature pubblicato dal Parlamento europeo nel 2016, volto a creare una base di dati di candidati per lo svolgimento di mansioni di autista.
Il modulo di iscrizione era disponibile soltanto nelle lingue inglese, francese e tedesca. I candidati dovevano possedere, oltre a una conoscenza approfondita di una delle 24 lingue ufficiali dell’Unione come «lingua 1» della procedura di selezione, anche una conoscenza soddisfacente dell’inglese, del francese o del tedesco come «lingua 2». Il Parlamento ha motivato la limitazione della scelta della «lingua 2» con «l’interesse del servizio, secondo cui il personale neoassunto deve essere immediatamente operativo e capace di comunicare in modo efficace nel lavoro quotidiano».

La decisione
La Corte ha annullato l’invito a manifestazione di interesse nonché la base di dati costituita in base a quell’invito.
I giudici hanno osservato che, in mancanza di qualsiasi indicazione riguardo al fatto che il modulo d’iscrizione, disponibile unicamente in inglese, francese e tedesco, poteva essere compilato in una qualsiasi delle lingue ufficiali dell’Unione, i candidati hanno ragionevolmente potuto supporre che dovesse obbligatoriamente essere compilato in una di queste tre lingue. Da ciò consegue una disparità di trattamento fondata sulla lingua, in linea di principio vietata. Il Parlamento non ha dimostrato l’esistenza di un obiettivo legittimo di interesse generale che giustificasse tale disparità di trattamento.
Anche la limitazione della scelta della «lingua 2» alle sole lingue inglese, francese e tedesca costituisce una disparità di trattamento fondata sulla lingua, in linea di principio vietata. L’invito a presentare candidature pubblicato dal Parlamento non giustifica la limitazione in rapporto alle concrete esigenze linguistiche relative alle mansioni che gli autisti assunti saranno chiamati a esercitare. La Corte ha osservato che né la circostanza che gli autisti debbano svolgere le loro mansioni in città francofone o germanofone, né il fatto che le persone trasportate utilizzino perlopiù la lingua inglese, sono idonei a giustificare la limitazione della scelta della «lingua 2» alle sole tre lingue menzionate. Infatti, il Parlamento non ha dimostrato in che modo ciascuna di queste lingue presenterebbe un’utilità particolare per l’esercizio delle mansioni in questione e per quale ragione la scelta non potrebbe cadere su altre lingue ufficiali.               
Inoltre, laddove il Parlamento non abbia adottato regole interne in merito al proprio regime linguistico, non si può affermare che queste tre lingue siano necessariamente le lingue più utili per tutte le funzioni da svolgere presso tale istituzione.


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