MAGGIOLI EDITORE - La Gazzetta degli Enti Locali


Dal fondo di solidarietà la soluzione ai Comuni in crisi
La sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 2019 merita un sintetico chiarimento alla luce delle troppe voci allarmistiche che si sono levate di recente sui suoi effetti

di PASQUALE PRINCIPATO (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

La prima cosa da precisare è che la sentenza vieta tassativamente le anticipazioni di liquidità con ammortamento trentennale essendo consentiti solo i mutui per investimenti. Ciò vale per tutti i casi fatta salva l’ipotesi del riaccertamento straordinario dei residui, ipotesi eccezionale e già esaurita. Le anticipazioni di liquidità altro non sono che la riedizione dei mutui a pareggio già banditi dall’ordinamento degli Enti Locali nel 1976 con il primo decreto Stammati (divieto poi costituzionalizzato nell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione). Qualcuno ha giustamente paragonato le anticipazioni di liquidità ad una nuova forma di derivati pubblici poiché la norma dichiarata incostituzionale consentiva di spalmare in un arco temporale di trenta anni il disavanzo, prevedendo la possibilità, per ciascun anno, di stipulare prestiti. Tale ipotesi realizza, secondo il Giudice delle leggi, una «deroga permanente e progressiva al principio dell’equilibrio del bilancio». La Corte costituzionale ha detto che, ai sensi dell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione «l’indebitamento debba essere finalizzato e riservato unicamente agli investimenti in modo da determinare un tendenziale equilibrio tra la dimensione dei suoi costi e i benefici recati nel tempo alle collettività amministrate».

La seconda notazione riguarda l’efficacia della sentenza. Solo un numero limitato di Comuni è interessato dal procedimento ritenuto illegittimo. Com’è noto, infatti, gli atti amministrativi si consolidano nel momento in cui il relativo procedimento si conclude positivamente e, quindi, a parte le situazioni che si trovano nella fase del contraddittorio con la Corte dei conti per la rimodulazione temporale e quantitativa del piano, i piani di riequilibrio finanziario pluriennale già approvati sono intangibili. Ciò fermo restando che, per il futuro, non potranno essere gestiti disavanzi attraverso nuove anticipazioni di liquidità, che sono vietate, bensì solo attraverso adeguati accantonamenti nel periodo di riferimento (un trentennio è un periodo comunque abbondante per un rientro senza immobilizzare la vita dell’ente locale). È evidente che la Corte costituzionale ha cercato di bloccare un meccanismo – che si è sviluppato con sempre maggiore problematicità a partire dal 2012 – che potrebbe veramente provocare un dissesto della finanza pubblica allargata. Fare prestiti per rimborsare debiti e prestiti pregressi costituisce effettivamente una pratica, non solo incostituzionale, ma anche contraria a qualsiasi elementare principio di buona amministrazione.
Occorre considerare, poi, che proprio per dimensionare la responsabilità degli amministratori che ereditano tali situazioni ingovernabili, è assolutamente necessario «porre una cesura con il passato così da consentire ai nuovi amministratori di svolgere il loro mandato senza gravose “eredità”. Diverse soluzioni possono essere adottate per assicurare tale discontinuità, e siffatte scelte spettano, ovviamente, al legislatore. [Ciò tenendo presente che] il perpetuarsi di sanatorie e situazioni interlocutorie, oltre che entrare in contrasto con i precetti finanziari della Costituzione, disincentiva il buon andamento dei servizi e non incoraggia le buone pratiche di quelle amministrazioni che si ispirano a un’oculata e proficua spendita delle risorse della collettività».

Nell’ultima parte della sentenza n. 18 del 2019 la Corte costituzionale dice esplicitamente che esistono altre soluzioni adottabili per salvaguardare la situazione degli Enti in predissesto e in dissesto e che spetta al legislatore individuare la più appropriata. La soluzione più lineare è quella di utilizzare, per i pochi comuni che si trovano in una situazione aperta e che necessitano di un intervento immediato, il cosiddetto Fondo di solidarietà. È opportuno ricordare che il Fondo di solidarietà sostituisce i trasferimenti correnti e i trasferimenti perequativi. E la sua denominazione non è casuale in quanto si sposa col federalismo solidale di cui al titolo V della Costituzione e alle logiche della legge n. 42 del 2009, la quale prevede, da un lato, la tendenziale permanenza dei tributi sul territorio e, dall’altro, un intervento solidaristico a carico dello Stato per le comunità economicamente più deboli. Purtroppo, il Fondo di solidarietà negli ultimi anni è stato profondamente depauperato e si è preferito far indebitare ulteriormente gli Enti che già sono in predissesto o in dissesto. Questa è la pratica incostituzionale che la Corte, dopo vari ammonimenti, ha finito per dichiarare espressamente illegittima di fronte all’ennesimo procrastinarsi del momento di rientro dal disavanzo. In fondo, mentre nel rispetto dei vincoli europei lo Stato può disciplinare il ricorso al credito secondo gli indirizzi della propria politica economica, la Consulta ricorda che l’articolo 119, sesto comma, della Costituzione non può essere aggirato con artifici legislativi di corto respiro.


www.lagazzettadeglientilocali.it