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Prove di stop «interpretativo» ai dissesti a catena nei Comuni
Salvataggi in extremis per molti Comuni del Mezzogiorno: la situazione attuale e le prospettive

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Passa dalla Corte dei conti il tentativo di stoppare il rischio di default a catena nei Comuni in pre-dissesto. I tempi sono stretti, e la strada non è semplice. In discussione c’è l’ipotesi di applicare lo stop ai ripiani trentennali, sancito dalla Consulta nella sentenza 18/2019, solo ai piani di riequilibrio approvati e presentati alle sezioni di controllo dopo la decisione costituzionale. Salvando così da un dissesto quasi certo Napoli, Reggio Calabria e altre decine di Comuni inciampati nella sentenza. Comuni nei quali c’è da gestire un buco multi-miliardario che rischia di travolgere casse pubbliche e creditori. L’ipotesi sta accendendo le discussioni in Corte dei conti, in vista di un possibile intervento orientativo da parte della sezione Autonomie. E al ministero dell’Economia dove potrebbe essere rafforzata da una norma interpretativa.

Ma sul tentativo pesa un ostacolo non da poco. Basta qualche infarinatura giuridica per ricordare che le declaratorie di illegittimità della Corte costituzionale cancellano la norma incriminata in modo retroattivo (ex tunc, spiega il latino del diritto) e non solo per il futuro (ex nunc). Sul piano normativo, poi, uno stop per decreto a una decisione della Consulta non sarebbe del tutto inedito, ma si scontra con problemi ovvii di praticabilità e opportunità. E l’idea dello stralcio, chiesta a gran voce da Napoli e Reggio Calabria, non ha finora avuto fortuna anche perché renderebbe ordinaria una “soluzione” che ha già fatto discutere molto quando è stata applicata al caso eccezionale di Roma. Il problema è quello sollevato dalla sentenza 18/2019 della Corte costituzionale, che ha cancellato l’allungamento fino a 30 anni dei tempi per ripianare l’extra-deficit generato dal riaccertamento ordinario dei residui negli enti in crisi (comma 714 della manovra per il 2016). Come previsto, le sezioni regionali della Corte dei conti non hanno impiegato molto a tradurre la questione in cifre. Diverse Comune per Comune. Ma sempre gravi.

Il caso più evidente, per ora, è quello di Reggio Calabria. I magistrati dei conti non si sono limitati a riportare nei 10 anni originari il ripiano trentennale proposto dal Comune, alzando la rata annuale da 2,5 a 11 milioni. Ma ha anche messo nel calderone dei buchi da coprire i 17 milioni non ripianati negli ultimi due anni grazie alla norma finita sotto le forbici della Consulta. Ma un destino simile attende anche Napoli dove l’assegno annuale, oggi intorno ai 70 milioni di euro, promette di moltiplicarsi per quattro una volta rimesso il ripiano nei tempi più stretti del calendario originale. Per entrambe le città, il dissesto sarebbe praticamente inevitabile, come per Messina e altre decine di Comuni medio-piccoli, alcuni dei quali hanno già ricevuto l’alert della Corte dei conti. Dall’arrivo delle delibere delle sezioni regionali, gli enti avrebbero 30 giorni per tentare la sfida impossibile di rifare i piani di rientro senza alzare bandiera bianca. Di qui l’agitazione degli amministratori locali, che mercoledì scorso in Conferenza Stato-Città sono riusciti a strappare al governo l’impegno (informale) a un intervento. L’appuntamento con le prime verifiche è per la prossima riunione, in settimana.


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