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Riforma dei dirigenti, concorsi riservati agli impiegati in cerca di carriera
Entra ufficialmente nel vivo il nuovo tentativo di riforma della Pubblica Amministrazione

di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Entra ufficialmente nel vivo il nuovo tentativo di riforma della Pubblica Amministrazione. E il cammino, lanciato oggi dal Consiglio dei ministri, riprende da dove era caduta la riforma targata Madia: la dirigenza pubblica, e in particolare quella statale perché Regioni, sanità ed enti locali dovranno poi «adeguare» i loro ordinamenti di settore in via autonoma (per i presidi restano invece le regole su misura della scuola).

Con il passaggio atteso oggi a Palazzo Chigi finisce la fase di riscaldamento della legge delega intitolata al «miglioramento della Pubblica amministrazione». L’incarico al governo è a tutto campo, e spazia dalla riforma dei concorsi a quella della mobilità. Ma è la stessa ministra della PA Giulia Bongiorno a mettere l’accento sul capitolo dedicato alla dirigenza: «È importante garantire una loro maggiore presenza in ufficio, perché serve uno stretto contatto fra chi deve dirigere e chi deve eseguire».
Ma quel che il Governo dovrà attuare entro 18 mesi dall’approvazione definitiva della delega non è un provvedimento anti-assenteismo in formato dirigenziale. I punti chiave sono nella centralizzazione dei concorsi, che saranno affidati in via esclusiva alla Scuola nazionale dell’amministrazione con l’apertura di procedure riservate ai dipendenti della PA: gli impiegati che vogliono fare il grande salto nella dirigenza dovranno affrontare un concorso per titoli ed esami, a cui potranno accedere a patto di avere «conseguito le valutazioni migliori nell’ultimo triennio».

Naturalmente, come tutte quelle che l’hanno preceduta, anche la nuova riforma punta a ripensare la valutazione delle performance del pubblico impiego. L’idea è di creare un sistema nazionale di valutazione, e di coinvolgere anche soggetti esterni alla Pa nella definizione degli obiettivi e nella loro misurazione, oltre che nella valutazione delle competenze del personale e dell’organizzazione. L’ipotesi è inedita, prova a superare lo stallo in cui si trovano oggi molti organismi di valutazione chiamati a gestire obiettivi prefabbricati dall’amministrazione e spesso burocratici o talmente modesti da renderne impossibile il mancato raggiungimento. Affidare all’esterno anche la definizione degli obiettivi di dirigenti e dipendenti, però, sembra complicato da coordinare con l’autonomia e il cuore stesso della funzione dirigenziale. Decisamente meno inedita è invece l’idea di far entrare nel gioco della valutazione anche gli utenti, già tentata senza successo dalle riforme Brunetta (con gli emoticon) e Madia.

Accanto ai concorsi riservati per gli impiegati in cerca di carriera, che naturalmente andranno coordinati con il principio «dell’adeguato accesso dall’esterno», si prevede una griglia più rigida per gli incarichi, che potranno essere confermati una sola volta e solo quando l’ufficio è ad «alta specializzazione», e l’incaricato ha una «elevata competenza professionale» e può vantare risultati «significativi» nel suo primo mandato. L’obiettivo, che già nel 2016 ha acceso le resistenze nei confronti della riforma Madia, è quello di avviare una mobilità effettiva ai piani alti dell’amministrazione. In questo caso non si prospetta però il «ruolo unico» e e il meccanismo della disponibilità che tre anni fa aveva animato la rivolta dirigenziale.


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