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Elezioni amministrative: solo la riabilitazione rende il soggetto candidabile
Recenti sentenze dei tribunali amministrativi confermano i provvedimenti di esclusione dei candidati che, pur beneficiando dell’estinzione del reato, non avevano ottenuto la riabilitazione

Recenti sentenze in merito all’incandidabilità alle elezioni amministrative conseguenti a condanne patteggiate pongono in evidenza, a tali fini, i diversi effetti dell’estinzione del reato da quelli della riabilitazione (Consiglio di Stato, sentenza n. 3067/2018TAR Lazio – Roma, sentenza n. 5556/2018 e TAR Lazio – Latina, sentenza n. 278/2018).
I giudici amministrativi si sono pronunciati affermando la possibilità di essere candidati alle elezioni amministrative da parte di soggetti condannati per uno dei reati previsti dall’art. 10 del d.lgs. 235/2012, ma che hanno ottenuto il provvedimento di riabilitazione, mentre tale possibilità non è prevista per coloro che invece hanno beneficiato della sola estinzione del reato.

Le norme in materia di incandidabilità

La legge 190/2012 aveva l’obiettivo di introdurre un sistema riguardante l’incandidabilità alle elezioni coerente per le diverse elezioni, costruendo un impianto con principi unici per tutte le competizioni elettorali, a tutela del sistema democratico. Ciò è avvenuto mediante il conferimento di una delega al Governo che, oltre a corrispondere ad una esigenza di armonizzazione dei diversi istituti riguardanti l’esercizio del diritto di elettorato passivo, tendeva al recupero di nuovi margini di etica pubblica e di affidabilità morale dei soggetti chiamati ad interpretare la democrazia rappresentativa. Tale delega era contenuta nel comma 63 dell’art. 1 della legge; il successivo comma 64 che recava i principi ed i criteri direttivi della delega in questione.

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